la Repubblica
14 11 2014
"In questi giorni abbiamo assistito a un caso esemplare di costruzione del capro espiatorio. Un presunto stupro, attribuito a un rumeno, diventa il pretesto per la caccia al negro, appartenente, come è noto, a tutt'altra etnia. E siccome il negro è lì a disposizione, a pochi passi, scatta un meccanismo di mobilitazione xenofoba, nel quale trovano sbocco tutti i rancori e le frustrazioni dei settori di popolazione soggetti a processi di esclusione sociale".
Commenta così Luigi Manconi, presidente della Commissione diritti umani del Senato e sociologo, i fatti di Tor Sapienza. ...
l'Espresso
13 11 2014
Una macchina sospetta che li segue. Poi li sperona. E a quel punto fugge. Un fatto inquietante: nell'auto blindata c'è l'inviato dell'Espresso Lirio Abbate con gli agenti della sua scorta. Da sette anni Lirio vive sotto protezione della Polizia di Stato per le minacce che ha ricevuto dalla Mafia.
Dopo lo speronamento, l’auto ha fatto una repentina marcia indietro per poi accelerare cercando di dileguarsi nel traffico del Lungotevere. Sembrava andata, persa. E invece gli agenti che proteggono Abbate l’hanno inseguita fino a quando l'auto dei fuggitivi è rimasta imprigionata nell'incolonnamento davanti a un semaforo. E' a questo punto che uno dei tre poliziotti della scorta è sceso, pistola in pugno, e ha iniziato a correre verso i fuggitivi riuscendo a bloccare il conducente.
All’interno dell'auto un ventenne romano, incensurato, che è stato consegnato agli agenti della squadra mobile che adesso indagano sulla vicenda. Dai primi riscontri non sarebbero emersi legami tra il ragazzo e i clan. Gli investigatori ritengono però quantomeno sospette le modalità con cui è avvenuto l'incidente e la reazione di fuga. Nel corso della perquisizione dell'auto da parte degli agenti è stato ritrovato anche un documento che appartiene a un cittadino straniero sul quale si stanno concentrando le indagini.
Gli investigatori hanno interrogato a lungo il giovane fermato e che si trovava alla guida dell'auto. Accertamenti sono stati fatti sul suo conto, mentre è partita la ricerca di filmati e immagini delle telecamere fisse di sorveglianza in città lungo il tragitto dell'inseguimento. In questura il giovane fermato non ha saputo spiegare il suo gesto. Anche i controlli alcolici e su sostanze stupefacenti sono risultati negativi.
Di certo, se ha agito per conto di qualcuno, questo qualcuno ha scelto molto bene e con cura l’esecutore dell’intimidazione che è persona incensurata senza collegamenti apparenti con la criminalità organizzata.
I detective della Mobile continueranno a indagare sull’episodio cercando di capire se c’è un collegamento con le precedenti minacce, anche recenti, ricevute da Lirio Abbate. Intimidazioni che, in alcuni casi, l'Espresso ha scelto di non raccontare per non intralciare le indagini ancora in corso.
Abbate ultimamente si è occupato di criminalità organizzata romana, raccontando il potere dei quattro Re di Roma, (Casamonica, Senese, Carminati, Fasciani), e dei rapporti tra alcuni boss della mala e gli ambienti politici e neofascisti della Capitale.
Giovanni Tizian
Amnesty International
07 11 2014
Genova, G8: per Amnesty International Italia la decisione della Cassazione di rifare il processo all'ex questore Colucci è "simbolica ma importante"
La decisione della Corte di cassazione di annullare il processo d'appello contro Francesco Colucci, l'ex questore di Genova ai tempi del G8 del 2001 è, secondo Amnesty International Italia, simbolica ma importante.
Colucci era stato condannato a due anni e otto mesi per falsa testimonianza sulle modalità di irruzione della polizia nella scuola Diaz durante il G8 di Genova.
"Il nuovo processo nei confronti dell'ex questore Colucci non si farà, dato che la prossima settimana arriverà la prescrizione" - ha dichiarato Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia.
"Ma ci teniamo strette le parole del procuratore generale della Cassazione Enrico Delehaye, che durante la richiesta di annullare il processo ha nuovamente chiamato in causa il 'problema dei problemi' che ha influenzato i procedimenti giudiziari sulle gravi violazioni dei diritti umani avvenute a Genova 13 anni fa: l'assenza del reato di tortura" - ha proseguito Marchesi.
Parole che - sottolinea Amnesty International Italia - ricordano quelle pronunciate dal giudice Roberto Settembre, estensore della sentenza del processo d'appello per le violenze di Bolzaneto, il quale lamentò l'assenza nel codice penale persino della parola, tortura appunto, che avrebbe potuto descrivere il trattamento subito da oltre 250 persone all'interno del centro di detenzione genovese.
"Parole analoghe" - ricorda Marchesi - "a quelle pronunciate dal procuratore generale di Genova, Vito Monetti, nel luglio 2012, all'indomani della sentenza di Cassazione sulle violenze nella scuola Diaz".
"Speriamo che i sempre più frequenti e autorevoli richiami alla necessità di colmare questo vuoto legislativo, che perdura da oltre 25 anni, spingano il parlamento italiano a introdurre nel codice penale il reato specifico di tortura" - ha concluso Marchesi.
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Amnesty International Italia - Ufficio Stampa
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