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Il Fatto Quotidiano
07 11 2014

Due giorni fa la sorella di Stefano aveva presentato una denuncia contro Paolo Arbarello, medico legale che aveva firmato una consulenza per il processo di primo grado e secondo il quale il geometra 31enne è morto per negligenza dei medici

La Procura di Roma ha aperto un fascicolo, senza ipotesi di reato e senza indagati, in seguito all’esposto presentato dalla famiglia di Stefano Cucchi nei confronti del medico legale Paolo Arbarello riguardo alla perizia del processo di primo grado. A seguire gli accertamenti sarà il procuratore Giuseppe Pignatone. Il fascicolo, però, non costituisce l’avvio di nuove indagini, ma rimarrà circoscritto agli episodi indicati nell’esposto. A spiegarlo è stato, nei giorni scorsi, lo stesso Pignatone che ha precisato come queste indagini saranno subordinate all’esame di tutto il carteggio e delle motivazioni di assoluzione della corte di assise di appello di medici, infermieri e guardie penitenziarie.

La denuncia, 10 pagine, era stata presentata mercoledì 5 novembre da Ilaria Cucchi. Al centro l’operato del consulente della Procura, il medico legale Paolo Arbarello. L’esposto ha scatenato un vero botta e risposta tra l’ex direttore di medicina legale della Sapienza (che ha annunciato una controquerela) e la sorella di Cucchi. “Lo abbiamo scritto e ripetuto più volte: ci sono lesioni che sono sospette – ha detto Arbarello in una intervista – Noi non siamo in condizioni di dire se qualcuno gli ha sbattuto la testa contro il muro facendolo cadere o se invece ha fatto tutto da solo. In ogni caso, ripeto, non sono queste le cause del suo decesso“. Per Arbarello “evidentemente non tengono conto che il mio parere, e quello di tutti i colleghi che hanno lavorato con me, è stato confermato anche dai periti della Corte d’Assise, scelti a Milano”, cioè che Stefano Cucchi è stato ucciso dalla negligenza dei medici. “Non è stato semplice muovere rilievi a dei colleghi”.

Alle parole del medico legale ha replicato la Cucchi affermando che “il professor Arbarello ha annunciato querela per diffamazione e calunnia contro di noi ed ha nominato il professor Coppi per avere maggiori garanzie possibili di vittoria. Saremo gli unici ad essere condannati per la morte di Stefano”. “Arbarello – prosegue – difende l’operato dei colleghi periti e pure quello dei magistrati. Mio fratello è morto per il dolore tremendo alla colonna vertebrale ed all’addome per un globo vescicale di urina di ben un litro e mezzo che gli ha prodotto lacerazioni interne”.

Davanti allo specchio del caso Cucchi

La morte fa paura, sempre. Ma ci sono circostanze in cui fa più paura. Questo accade quando non è possibile comprenderne le cause, quando abbiamo la sensazione di essere vicini alla verità dei fatti, ma alla fine quella verità ci sfugge. Fa più paura quando abbiamo la sensazione che al posto del morto potevamo esserci noi, nostro fratello, nostra sorella, nostro padre o nostra madre. Nostro figlio, il nostro migliore amico.
Roberto Saviano, l'Espresso ...

Strikers declaration #04

  • Giovedì, 06 Novembre 2014 14:17 ,
  • Pubblicato in DINAMO PRESS

Dinamo Press
06 11 2014

Verso lo sciopero sociale del #14n, dopo l'assemblea nazionale del 2 dicembre presso Officine Zero, ecco la Strikers declaration #04

Leggi anche la Strikers declaration #03 - Perchè scioperiamo il #14n?

Materiali scaricabili e info dai Laboratori dello sciopero sociale sul blog scioperosociale.it

I principali sostegni alla maternità, allo stato attuale, sono il congedo obbligatorio di maternità – 5 mesi di astensione lavorativa, accompagnata da un’indennità pari all’80% o al 100% della retribuzione – e le cosiddette due ore di allattamento (con permessi giornalieri retribuiti fino al primo anno di vita del figlio/a). Inoltre, per tutto il periodo della gravidanza sino al compimento del primo anno del bambino/a vale il divieto di licenziamento, che spesso però viene aggirato con la pratica ricattatoria delle lettere di dimissioni in bianco fatte firmare all’atto di assunzione. Tutto questo è però valido solo per le lavoratrici dipendenti e una piccola parte delle parasubordinate, mentre per la stragrande maggioranza delle lavoratrici, ossia per tutte le precarie e professioniste atipiche, non c’è alcuna tutela!

Poco o niente è previsto per i padri, che possono usufruire del congedo obbligatorio di paternità (se lavoratori dipendenti o parasubordinati) solo in situazioni estreme, se non drammatiche: morte o grave infermità della madre, abbandono del figlio da parte della figura materna, affidamento esclusivo del bambino/a al padre. A dimostrazione che le responsabilità genitoriali e il lavoro di cura sono ancora considerati completamente a carico delle donne e che il diritto alla paternità non è in alcun modo riconosciuto e garantito (se non si conside- rano i 3 giorni di congedo paterno introdotti in “via sperimentale” dalla Fornero…). Per non parlare del Congedo parentale facoltativo che prevede un periodo di astensione dal lavoro da ripartire sì tra padre e madre, ma con un’indennità pari al solo 30% della retribuzione dell’uno e/o dell’altra.

Alternativo al congedo parentale è l’accesso al cosiddetto Bonus Bebè. Si tratta di un contributo di 300 euro mensili, per un massimo di sei mesi e concesso su base reddituale, volto a pagare il servizio di baby-sitting o la tassa di iscrizione al nido. Ma nel 2014 l’erogazione è stata sospesa per mancanza del decreto attuativo. Per le disoccupate è previsto un assegno di maternità (statale o comunale) ma solo se la madre è in grado di far valere 3 mesi di contribuzione nel periodo che va dai 18 ai 9 mesi antecedenti al parto. A ogni modo si parla di un assegno annuo che nel 2013 è stato di 2059,43 (assegno statale) e di 1672,65 euro (assegno emesso dai comuni).

Inoltre i tagli effettuati sulla spesa sociale degli enti locali hanno prodotto di fatto l’impossibilità di rispondere alla domanda di servizi sempre crescente, riducendo drasticamente anche quelli già esistenti. La situazione degli asili-nido è drammatica: 11,8% la copertura 0-3 anni da parte di nidi pubblici, 18,7% comprendendo i servizi integrativi, ben al di sotto del 33% previsto dalla UE, con enormi squilibri tra le regioni italiane. Copertura tra l’altro valida solo per bambini/e figli di genitori già lavoratori: una politica che prolunga la disoccupazione forzata delle madri precarie.

Dopo essersi presentato come il garante della parità sessuale, concedendo il 50% delle posizioni di governo a ministre donne, Renzi ambisce ora a erigersi a salvifico rappresentante dell’estensione dei diritti delle donne nel mercato del lavoro. Sono mesi ormai, infatti, che nella costruzione retorica intorno al Jobs Act utilizza strumental- mente la questione dell’estensione dei sostegni alla maternità a tutte le lavoratrici autonome e precarie.

Peccato però che nel maxiemendamento, approvato con la fiducia del Senato lo scorso 9 Ottobre, è già presente un sostanzioso ridimensionamento delle roboanti promesse. La “prospettiva” di estendere l’indennità di maternità alle categorie di lavoratrici finora escluse, diviene, d’improvviso, un’eventualità, da concretizzare semmai “gradualmente”. È dunque così che salta fuori la nuova grande proposta: dal Gennaio 2015 80 euro mensili li riceveranno anche tutte le neo-mamme per i primi tre anni di vita del bambino/a! Praticamente briciole se confrontate con i costi effettivi di un figlio! Basti pensare che solo il nido (comunale) ha un costo medio di 300 euro mensili, aggiungiamoci poi quei “pannolini e biberon” di cui Renzi stesso afferma di essere grande esperto, più cibo, servizi sanitari, etc. ed ecco che gli 80 euro sembrano una presa in giro, se non un’offesa!

Vere politiche redistributive possono essere solo quelle capaci di parlare di salario minimo europeo e di reddito di autodeterminazione, là dove i tassi di disparità salariale e di disuguaglianza nell’accesso al lavoro tra uomini e donne restano ancora oggi altissimi (a parità di qualifica una donna guadagna in media il 30% in meno dei propri colleghi). Un sostegno vero alla genitorialità dovrebbe affrontare il tema della riduzione dell’orario lavorativo e dell’incentivazione al part-time volontario, così da poter permettere un’effettiva conciliazione tra tempi di vita e di lavoro. Non si può poi prescindere dal rifinanziamento dei servizi per l’infanzia e da un’effettiva e immediata estensione dei sostegni alla maternità e alla paternità a tutte le figure lavorative, così come da politiche in grado di riconoscere forme di affettività non tradizionali, che sono ormai una maggioranza (la forma familiare tradiziona- le rappresenta oggi meno di una famiglia su tre). Il (residuo di) welfare familistico di questo paese estromette infatti tutte quelle soggettività – gay, lesbiche, trans, ma anche etero – che non rientrano (perché escluse o perché non vi si riconoscono) nella tipologia “contrattuale” del matrimonio.

Mille candele per Stefano Cucchi

  • Giovedì, 06 Novembre 2014 09:57 ,
  • Pubblicato in Flash news

Globalist
06 11 2014

"C'è bisogno di fare luce su una delle pagine più cupe della democrazia italiana. E ognuno deve farsi carico del proprio bagliore": dopo la sentenza in appello sul caso Cucchi, l'Associazione contro gli abusi in divisa onlus (Acad) e la famiglia di Stefano lanciano l'idea '1000 candele per Stefano Cucchi per accendere la verità' davanti al Consiglio Superiore della Magistratura in piazza Indipendenza sabato 8 novembre alle 18.30.

"Contro le bugie, contro l'impunità e contro la tortura, perchè non accada più", spiega Luca Blasi di Acad, che continua: "Stefano è stato ucciso ancora e ancora. La lista delle persone uccise dagli abusi di potere è già troppo lunga, è già insopportabile. Insopportabile come l'impunità che copre, istiga, assolve gli autori di quelle violenze". Una grande luce collettiva, che faccia sentire meno sole tutte queste famiglie:

"Abbiamo scelto di illuminare il Csm e non, per esempio, la caserma di Torpignattara perche' non vogliamo denunciare qualche mela marcia, ma un sistema di violenza radicato in una serie di apparati in divisa, dai Carabinieri alla Polizia". Acad denuncia un problema di democrazia che coinvolge la magistratura: "E' accettabile che degli agenti alzino il dito medio contro la famiglia della vittima alla lettura della sentenza che li assolve? Sono accettabili gli applausi agli agenti condannati per la morte di Federico Aldrovandi?". Quello che l'associazione chiede, in primis, e' la riapertura delle indagini.

"L'ha detto anche il presidente del Senato Grasso: non è possibile che nessuno sappia niente. C'è omertà, qualcuno sta coprendo gli autori della morte di Stefano". Sul profilo Facebook dell'evento '1000 candele per Stefano Cucchi' sono gia' indicati oltre 2 mila partecipanti (per aderire Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.), tra chi sarà materialmente a Roma, chi accenderà una candela da lontano e chi suggerisce di portare l'iniziativa in tutte le piazze italiane. In nome di Stefano e di molti altri ragazzi:

"Il nostro numero verde riceve decine di telefonate al giorno: vengono denunciati abusi meno gravi e altri gravissimi. Di molti veniamo a conoscenza dopo anni. E in tutto quel tempo, le famiglie delle vittime si trovano a combattere da sole un'enorme battaglia". Proprio per evitare questo isolamento, Acad lavora molto sulla messa in rete, oltre che sul sostegno legale ed economico: "Mettiamo in rete tutti loro per farli sentire parte di un'unica, grande famiglia.

La nostra associazione partecipa a tutti i processi al loro fianco. La mamma di Aldrovandi è presente ai processi Cucchi e viceversa". Acad si dice d'accordo con le recenti dichiarazioni di Arci per la reintroduzione del reato di tortura: "Lo chiediamo dai tempi del G8: è una misura urgente". Dopo la morte di Stefano, qual è stato il momento piu' triste? "Sono state tante le coltellate che i famigliari di Stefano sono stati costretti a subire: dagli atteggiamenti del sindacato di polizia, alle dichiarazioni di Giovanardi, che ha detto che Cucchi era uno spacciatore e un drogato.

Terribile è stato quando, per farsi credere, hanno dovuto mostrare le immagini di Stefano all'obitorio: e terribile è tutte le volte che sono chiamati a rifarlo". "Una cosa, pero', ci tengo a sottolinearla - conclude Blasi -: quello di sabato deve essere una manifestazione di massa ma assolutamente civile, un grande abbraccio collettivo alla famiglia Cucchi e a tutte le persone nelle loro condizioni".

"Diaz" finalmente in prima serata

Il Fatto Quotidiano
23 10 2014

Giovedì 23 ottobre alle ore 21,in prima serata, Rai 3 trasmetterà il film di Daniele Vicari “Diaz” prodotto dalla Fandango e dedicato alla giornata genovese durante la quale furono “sospese” Costituzione ed ordinamento democratico.

Il film ricostruisce, con impressionante realismo e puntuale rigore storico, quelle ore e, soprattutto, l’assalto alla scuola Diaz, i pestaggi, e tutto quello che indusse persino un funzionario di polizia a parlare di scene da “macelleria messicana“, anche se forse il paragone più appropriato sarebbe stato quello con i metodi usati dai fascisti cileni agli ordine del generale golpista Augusto Pinochet.

Il regista Daniele Vicari, autore che ci ha regalato altre opere ricche di talento e di grande passione civile, non ha realizzato un film contro le istituzioni e le forze di polizia, al contrario ha denunciato azioni e deviazioni che hanno disonorato la Repubblica, infangando anche chi quella divisa ha sempre cercato di rispettarla.

“Diaz” era già stato trasmesso da Sky, una tv a pagamento, e, oltre due anni fa, sempre da Rai3 in tarda serata.

In quella occasione migliaia e migliaia di persone avevano sottoscritto un appello, lanciato da Articolo 21 e ripreso anche da ill Fatto Quotidiano, per chiedere alla Rai di rimandare in onda il film, in prima serata, per consentire a milioni di cittadini di assistere a questa vera e propria lezione di educazione civica, a questo atto d’amore verso la legalità repubblicana.

Dal momento che questo appello è stato ora raccolto ci sembra doveroso ringraziare Rai3, il direttore Andrea Vianello e chi ha deciso di inserire “Diaz” tra i film della rassegna dedicata al cinema italiano e, naturalmente tutti i cittadini, che hanno sottoscritto quella petizione.

Giovedì sera rivedremo quelle immagini disperate e terribili, nella speranza che a nessun cittadino possa più accadere quello che é accaduto agli “ospiti” reclusi nella caserma di Bolzaneto.

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