inGenere
26 06 2015
Mentre la Corte Suprema americana decide come esprimersi in merito ai matrimoni gay e lesbici negli Stati Uniti, un sondaggio appena diffuso dal Public Religion Research Institute (PRRI) rivela che quasi i due terzi del paese, tra cui il 58 per cento dei repubblicani e il 71 per cento dei democratici, si aspettano che la Corte Suprema renda legali i matrimoni gay e lesbici in tutti e 50 gli stati. In ogni caso, a presindere da quella che sarà la decisione definitiva della Corte, un recente sondaggio d'opinione diffuso dal Pew Research Center registra che negli Stati Uniti più di sette intervistati su dieci affermano che la legalizzazione del matrimonio omosessuale a livello nazionale sia inevitabile. Secondo il sondaggio, oggi, la maggioranza degli americani, il 57 per cento, sostiene il matrimonio omosessuale, rispetto al 39 per cento che vi si oppone. Una percentuale cresciuta costantemente negli ultimi quattordici anni, che ha portato a una vera e propria inversione di tendenza rispetto al 2001, quando i contrari erano il 57 per cento, e solo il 35 per cento della popolazione si dichiarava a favore.
In particolare, questo sembra essere dovuto in parte a un fattore generazionale. La percentuale dei favorevoli ai matrimoni gay e lesbici è cresciuta anche tra le fasce più anziane della popolazione, è vero, ma sono proprio gli americani più giovani, a esprimere il livello più alto di sostegno alle unioni omosessuali: nel 2015 è favorevole il 73 per cento dei nati dopo il 1981, il 59 per cento dei nati tra il 1965 e il 1980, il 49 per cento dei nati tra il 1946 e il 1964, il 39 per cento dei nati tra il 1928 e il 1945.
Ci sono poi differenze lagate al genere, all'ideologia politica, al partito d'appartenenza, alla professione religiosa, all'etnia di appartenenza. Favorevole alle unioni tra persone dello stesso sesso è il 60 per cento delle donne, il 79 per cento dei liberali, il 65 per cento dei democratici e degli indipendenti, l'85 per cento dei laici, il 59 per cento dei bianchi non ispanici.
Secondo Robert P.Jones, amministratore delegato del PRRI "la preponderanza dei dati sui diritti oggi suggerisce che la maggior parte degli americani non solo sostiene le politiche specifiche sul matrimonio tra persone dello stesso sesso o di non discriminazione; queste persone hanno abbracciato i valori che sottendono alla piena parità di trattamento da parte della legge e della parità di accesso alle opportunità". Leggi tutto il commento su The Atlantic.
Corriere della Sera
26 06 2015
Sabato torneranno i carri scenografici con piume e paillettes al Milano Pride. La sfilata partirà in piazza Duca d’Aosta alle 16 e si concluderà in Porta Venezia alle 18. Corso Buenos Aires resterà chiuso in parte, all’altezza di viale Tunisia. Ci sarà anche il sindaco Giuliano Pisapia sabato e con lui, come testimonial, l’ex calciatore Alessandro Costacurta che «lancerà un messaggio contro l’omofobia nello sport», ha anticipato il presidente di Arcigay Fabio Pellegatta. La sfilata del Gay Pride chiude la settimana dell’orgoglio omosessuale - patrocinata da Comune e Regione -, iniziata sabato scorso con il «Kick off party» al padiglione Usa di Expo, ed è proseguita con oltre 50 appuntamenti «per dire no all’omofobia e alla discriminazione».
Si prevede l’arrivo di oltre 50 mila persone. Il tragitto è breve: da piazza Duca d’Aosta il corteo sfilerà in via Vitruvio per raggiungere piazza Caiazzo attraverso via Settembrini e da qui sul corso Buenos Aires fino al palco in Porta Venezia. La parata a piedi e i carri - pochi, massimo 8, e di medie dimensioni - a chiudere. Fino a domani sera, il quartiere Lazzaretto ospiterà una grande fiera mercato alla quale partecipano i commercianti del piccolo quadrilatero. La comunità Lgbt si mobilita, annunciando presentazioni di libri, spettacoli teatrali, convegni, aperitivi e serate disco. La manifestazione è stata organizzata dal Coordinamento Arcobaleno.
L’edizione di quest’anno avrà anche una attenzione particolare al tema dei profughi: gli organizzatori hanno infatti deciso di devolvere parte dei fondi raccolti nell’ambito delle iniziative della Pride Square e della Pride Week per la manifestazione e generi di prima necessità alle associazioni che si occupano di accoglienza. «Milano è un grande laboratorio dei diritti con tante iniziative che la rendono un avamposto dei diritti per tutti e un esempio di città aperta per tutto il Paese - ha detto ieri Filippo Del Corno, assessore alla Cultura, presentando Milano Pride a Palazzo Marino - . Il tema dei diritti va declinato a livello nazionale e allargato anche ad altri temi sociali proprio per creare un clima di condivisione e di vera rappresentanza. Per questo è importante la scelta di intervenire a favore dell’accoglienza. Il Milano Pride esprime questa capacità, coinvolgendo in una grande festa tutta la città con un messaggio di speranza per una società sempre più a difesa dei diritti».
Paola D’Amico
Huffington Post
25 06 2015
Caroline "Tula" Cossey, la prima modella transgender che abbia mai posato per Playboy, si confessa nella sua prima intervista, rilasciata a 20 anni di distanza dalla pubblicazione degli scatti.
Negli anni '70, la modella inglese era apparsa su Vogue Australia e sulla rivista statunitense di moda Harper's Bazaar, prima di ottenere un ruolo nel film di James Bond del 1981, "Solo per i tuoi occhi". Poco dopo l'uscita della pellicola, il tabloid News Of The World rivelò che Cossey era transgender.
La modella non nascose, allora, la propria natura, anzi ne parlò in due interviste con Howard Stern e Arsenio Hall. Si allontanò ben presto, però, dai riflettori e visse una vita tranquilla e appartata ad Atlanta. "C'è differenza tra l'essere conosciuta come Tula, la modella transessuale famosa in tutto il mondo, e l'essere nota semplicemente come una modella di successo", ha dichiarato Cossey, ora 60enne. "Mi sentivo un animale da circo".
Playboy fa sapere che Tula è l'unica modella transgender che sia mai stata ritratta per intero sul giornale. Un'esperienza descritta dalla protagonista come positiva. "Mi hanno permesso di dimostrare che anche le persone come me possono essere sexy e attraenti rispetto a un pubblico, quello di Playboy, tradizionalmente maschile ed eterosessuale".
Al servizio fotografico, pubblicato nel settembre del 1991, è seguito anche un forte interesse mediatico. Un interesse che "ha permesso alla gente di conoscermi, capire la situazione, rispondere con empatia. Questo era il mio obiettivo", ha dichiarato ancora Tula.
Ma non è tutto rose e fiori. Nonostante i progressi che la comunità transgender ha fatto negli anni, Cossey non sa se si sentirà mai davvero in pace. "Non so se mi libererò dell'impressione di essere una cittadina di seconda classe. È qualcosa di radicato, qualcosa che viene instillato dalla nascita. Cresci, non ti senti bene con te stessa, non ti senti a posto, vieni bullizzata. Non è qualcosa che svanisce nel giro di 5 minuti. Credo che in realtà non si superi mai".
Parole, queste, pronunciate da Cossey in un'intervista precedente ad altri celebri scatti, quelli che ritraggono la transessuale Caitlyn Jenner e che sono apparsi questo mese su Vanity Fair.
Anna Madia