Incendi in ValsusaMaurizio Pagliassotti, Il Manifesto
28 ottobre 2017

La nube gialla si allunga per quaranta chilometri: nasce dai monti della Val Susa divorati da un gigantesco incendio che sta devastando, come mai prima, un territorio già provato per tante ragioni. Una nebbia innaturale, carica di caligene, lentamente si sposta verso Torino: dove ristagna, rendendo l’aria acre e satura di veleni.

Assolto Erri De Luca, il fatto non sussite

Internazionale
19 10 2015

Erri De Luca è stato assolto dall’accusa di istigazione a delinquere per essersi espresso a favore dei sabotaggi contro la linea ferroviaria ad alta velocità tra Torino e Lione in un’intervista all’Huffington Post nel 2013.

- Erri De Luca è stato assolto dall’accusa di istigazione a delinquere perché il fatto non sussiste.
- L’accusa, sostenuta dai pubblici ministeri Andrea Padalino e Antonio Rinaudo, aveva chiesto otto mesi di reclusione per lo scrittore. Per i pubblici ministeri De Luca “con la forza delle sue parole ha incitato a commettere reati”.
- Lo scrittore è imputato d’istigazione a delinquere per aver detto in un’intervista all’Huffington Post “che è giusto sabotare la Tav”.
- Oggi De Luca in aula ha rilasciato dichiarazioni spontanee e ha ribadito la sua posizione: “Confermo la mia convinzione che la linea sedicente ad Alta velocità va intralciata, impedita e sabotata per legittima difesa del suolo, dell’aria e dell’acqua”.
- Il processo è diventato il simbolo dell’attacco alla libertà d’espressione in Italia. Molti intellettuali, Wim Wenders, Salman Rushdie e Paul Auster, hanno firmato un appello Liberté pour Erri De Luca in nome della libertà d’espressione.

Il Fatto Quotidiano
21 09 2015

Il pubblico ministero ha appena chiesto otto mesi di reclusione per Erri De Luca. Non si può tutelare chi istiga all’illegalità, ha detto. Mi interrogo su quante volte io abbia istigato a commettere illeciti penali. Primo tra tutti, il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, che ho commesso io stessa ben più di una volta. Inutile dire che ne vado fiera.

La Tav va sabotata, aveva detto Erri in un’intervista. E – certo non evitarsi la galera, ma per continuare a esercitare quel diritto di parola che gli si vorrebbe togliere e che invece esige di spiegare le proprie stesse parole contrarie a chi non è in grado o colpevolmente finge di non comprenderle – ci ha raccontato nel suo libro (dal titolo, appunto, “La parola contraria”) i tanti significati del verbo sabotare e come l’esercizio di grammatica non c’entri nulla con un processo nel quale lo Stato neanche si degna di entrare quale parte civile, lasciando a una ditta privata francese tutto l’onere di difendere un’opera pubblicamente definita quale strategica. Se condannato, Erri dovrà risarcire dei privati cittadini francesi. E perché non lo Stato italiano, che tanto sostiene essere essenziale per il Paese l’alta velocità per raggiungere Lione?


Ma mi faccia il piacere. I cittadini italiani non sono così idioti da farsi prendere in giro. E infatti a restare sola questa volta è stata l’accusa. La solidarietà a Erri De Luca è arrivata in massa lungo tutto questi mesi. E continuerà ad arrivare anche sotto le finestre di una galera. Ribellarsi a ordini ingiusti è la cosa più giusta che si possa fare, e la storia ce lo ha insegnato tante volte. Avere sempre in bocca la propria parola, e non quella di qualcun altro, è ciò che ci fa persone. E, se capita che questa sia una parola contraria, non ci faremo spogliare della dignità di uomini nel farcela zittire.

Ci dispiace che le energie e i costi della giustizia debbano essere usati per mettere a tacere le opinioni della gente invece che per fini più seri. Una sentenza di condanna per Erri non sarà mai in nome del popolo italiano. In tantissimi nei mesi scorsi hanno organizzato proteste, maratone di lettura, pagine web a sostegno di De Luca e della libertà di pensiero.

Il codice penale del 1930 va sabotato. E adesso processatemi.

Communianetwork
09 09 2015

Il 25 febbraio 2012 in Val di Susa si svolge una grande manifestazione popolare No Tav. Una delle tante, belle, colorate e partecipate mobilitazioni del Movimento; contro una “grande opera” devastante per il territorio e le popolazioni che lo abitano; un momento tra gli altri di una lotta diventata simbolo e riferimento per tutti e tutte coloro che resistono ai “comitati di affari” che piegano ogni cosa alla logica dei loro interessi privati.
Mobilitazione convocata inoltre in seguito alle grandi operazioni repressive dei mesi precedenti, con svariati arresti in tutta Italia, attuati nel tentativo di colpire giudiziariamente il movimento NoTav mentre cresce e diventa sempre più largo e di massa, in Val Susa e in moltissime città del paese.
Per queste ragioni, come in altre occasioni, quella manifestazione era diventata momento di mobilitazione nazionale.
50.000 persone da tutta Italia, contro la Tav in Val di Susa e contro tutte le “grandi opere” al servizio non delle comunità locali ma degli interessi di parte.

Anche da Milano, dalla Stazione Centrale parte un treno carico di centinaia di manifestanti, giovani e meno giovani, lavoratori, militanti sindacali, appartenenti ad associazioni ambientaliste, centri sociali, comitati di sostegno ai No Tav, studenti.
Si contratta un “prezzo politico” con Trenitalia, allora diretta dal “grande manager” Moretti, per permettere a tutti e tutte di partecipare. E si parte, per tornare tutti insieme allegri e convinti di aver vissuto una giornata di intensa mobilitazione popolare; alla fine di un corteo assolutamente pacifico, un serpentone colorato che si è snodato per ore da Bussoleno a Susa.
Quindi, “si parte e si torna insieme”, come si grida gioiosamente in corteo.

Ma alla stazione di Porta Nuova a Torino - dopo il tragitto dalla stazione di Susa fatto in assoluta tranquillità - ci si trova di fronte ad uno sgradevole “imprevisto”. La polizia e i Carabinieri sono schierati sui binari, impediscono l'accesso al treno di ritorno per Milano centrale.
La ragione? Trenitalia rivendica una specie di “sovrapprezzo” rispetto a quanto concordato alla partenza. D'altra parte da tempo Moretti e i vertici dell'Azienda non riconoscono più alcuna “ragione sociale” nella partecipazione alle grandi manifestazioni nazionali dei movimenti sociali.
Quindi, nessuno sconto. O si paga tutto - e caro - oppure si resta a piedi.

La delegazione milanese non accetta l'arroganza e il voltafaccia meschino - e strumentale - di Trenitalia. Si rivendica di partire al prezzo concordato; si comprende che dietro quell'atteggiamento c'è, forse, la rabbia dei “padroni del vapore” per una grande e riuscita manifestazione a sostegno di quei testardi, resistenti valsusini che così dimostrano di non essere affatto isolati in questo Paese.
Tutto da quel momento in poi avviene, certo, in un clima di tensione, con una contestazione dell'atteggiamento di Azienda e forze di polizia vissuto come provocatorio, ma in modo assolutamente pacifico. Si gridano slogan, ci si addensa di fronte ai cordoni di polizia che bloccano il binario; ma contemporaneamente si tratta con la Digos di Torino e con funzionari di Trenitalia, provando in qualche modo a “convincere”, a forzare pacificamente, a “sciogliere” quel blocco che impedisce di tornare a casa.
Finché, all'improvviso partono due, tre cariche molto violente, sia davanti che lateralmente ai cordoni dei manifestanti; cariche prolungate che coinvolgono anche semplici passanti e viaggiatori inconsapevoli.
Alcuni ragazzi cadono a terra, vengono picchiati, alcuni agenti lanciano lacrimogeni in stazione e anche dentro al treno pronto sui binari per Milano.

A testimoniare della brutalità improvvisa di quelle cariche resta la denuncia contro l'operato delle forze di polizia, fatta allora da due dei ragazzi finiti a terra e picchiati. Denuncia che verrà archiviata - per caso? -, ma che a nostro giudizio indica quali furono effettivamente le “violenze” e chi ne fu protagonista.
In questa confusione,cresce la rabbia, si fugge e si lanciano slogan; ma si cerca anche di non disperdersi. Dobbiamo tornare insieme, nessuno va lasciato indietro, bisogna prendersi cura dei feriti e dei contusi, verificare che nessuno venga fermato.
Molti reagiscono, si riformano cordoni, c'è un brevissimo lancio di oggetti verso le forze di polizia.
C'è sempre molta rabbia e si reagisce anche disordinatamente ed emotivamente. Nulla di simile ad una reazione preparata ed organizzata. Esattamente il contrario.

Alla fine si torna a discutere, si riesce a contrattare la partenza, in cambio di una “sottoscrizione volante” tra i presenti e che dà agli “esattori” di Trenitalia parte di quanto richiesto.
Cioè, se alla fine prevale un “senso di responsabilità” è quello dei manifestanti. Non quello dell'Azienda diretta da Moretti né quella della direzione in piazza delle forze di polizia.
Si torna, insieme, con molta tensione e qualche preoccupazione sulle possibili conseguenze di quanto accaduto a Milano e nelle settimane successive; ma anche con la soddisfazione non solo per la partecipazione alla giornata di lotta in Val di Susa, ma anche per essere riusciti a garantire il rientro collettivo dei manifestanti milanesi.

Ed oggi che accade? Qualche mese fa a due compagni di Milano, presenti a quella manifestazione, Dario del collettivo Ri-Make/Communia Network e Franco del collettivo Sos Rosarno viene notificata una comunicazione giudiziaria da parte della Procura torinese per i “fatti di porta Nuova”, con imputazioni piuttosto pesanti: resistenza aggravata, lesioni personali e interruzione di pubblico servizio.

Dimostrando come il “teorema” che vede i “cattivi” tra i sostenitori del movimento valsusino continui. Con una iniziativa giudiziaria che stravolge la realtà di quanto avvenuto in quella stazione, in cui praticamente agli imputati - e di fatto a tutti quelli che erano lì - viene addebitato un comportamento violento quasi “costruito”, preparato e pregiudiziale che non corrisponde né alle loro intenzioni né alla dinamica dei fatti.
I due compagni dovranno sostenere un processo. La prima udienza è convocata presso il Tribunale di Torino il 22 ottobre prossimo.
Ci sentiamo impegnati a sostenerli, come abbiamo sostenuto le ragioni del grande movimento di lotta in Val di Susa.
Ci impegniamo a far circolare informazioni e documentazione su quanto effettivamente avvenuto quel giorno. Vogliamo lavorare insieme a tutti i soggetti protagonisti di quella giornata, perchè vengano scagionati dalle accuse loro imputate nelle aule di quel Tribunale e possano continuare a partecipare liberamente insieme a tutti noi alle lotte e ai movimenti sociali che ci sono dinanzi.
Ancora oggi per noi si parte e si torna insieme.
Dalla Val di Susa a tutti i luoghi in cui si lotta e si resiste contro le ingiustizie e l'esclusione sociale, contro lo sfruttamento e tutte le oppressioni., contro la devastazione dell'ambiente e dei territori nei quali viviamo.

Davanti al carcere per non lasciare solo nessuno

  • Lunedì, 07 Settembre 2015 07:54 ,
  • Pubblicato in Flash news

Notav. info
07 09 2015

Più di 200 persone si sono trovate davanti al carcere Lorusso Cotugno per far sentire la propria vicinanza a tutti i notav rinchiusi da questa notte e agli altri ragazzi arrestati nei giorni scorsi. Ogni volta un presidio davanti ad un’istituzione totale come è il carcere fa montare la rabbia e sapere che ci sono persone che conosciamo bene dentro, è ancora più difficile.

Giovani che lottano per la libertà di tutti, con generosità e coraggio difendono una Valle e dei valori, come l’antirazzismo e l’antifascismo, in prima persona, mettendo la paura in un angolo, mettendosi in gioco in prima persona. Per questo sono lì.

Ed oggi lo abbiamo detto forte, prima con un piccolo corteo fino alle recinzioni del carcere e poi in presidio tra fuochi di libertà e bandiere al vento.

Abbiamo imparato una cosa in questi anni: la resistenza si fa un passo alla volta, con impegno e dedizione, e senza paura, perché tra le nostre montagne non è più di casa da molto tempo.

A Cecca, Donato, Luca, Damiano, Mattia, Nicola,Francesca, Jacopo, Gianluca, Pierpaolo, Alex, Valeria, Checco, Carlo, Liberi Tutti, avanti notav!

 

 

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