Corriere della Sera
22 01 2015
Almeno tredici persone sono morte e decine sono rimaste ferite in seguito ad una serie di colpi di mortaio che hanno centrato la fermata di un tram nel quartiere Leninski di Donetsk, roccaforte dei separatisti filorussi. Lo riferiscono i media russi e quelli dei ribelli.
Strage alla fermata
Secondo i testimoni oculari citati dall’agenzia dei ribelli «Dan-news Info», la fermata sarebbe stata colpita da cinque presunti colpi di mortaio mentre stava passando un tram e un filobus, che ha preso fuoco, insieme ad un’auto di passaggio. Secondo un rappresentante del ministero della difesa dell’autoproclamata repubblica di Donetesk, Eduard Basurin, ci sono nove morti e nove feriti. La tv Rossia 24 mostra un bus distrutto da un ordigno, cadaveri alla fermata e dentro lo stesso bus.
Si combatte per conquistare l’aeroporto
Intanto, nelle ultime 24 ore, sei militari ucraini sono rimasti uccisi nei combattimenti per l’aeroporto di Donetsk, mentre altri 16 sono stati feriti e fatti prigionieri. Altri 20 - riferisce il ministero della difesa ucraino, citato da Interfax - sono riusciti ad abbandonare il terminal. Il giornalista ucraino Yuri Butusov, direttore del sito web Censor.net, ha confermato il ritiro degli ultimi soldati dall’aeroporto di Donetsk. «Il nuovo e il vecchio terminal, la torre di controllo e tutto quello che poteva servire per la difesa - ha riferito Butusov su Facebook - è stato completamente distrutto. Gli ultimi difensori sopravvissuti hanno abbandonato oggi il nuovo terminal».
Circolo Mario Mieli
16 01 2015
Le persone transessuali russe potranno avere la patente di guida. A deciderlo, dopo l’approvazione dell’ultimo giro di vite sul codice della strada per via dei troppi incidenti automobilistici, sono state le autorità russe.
Secondo quanto riporta la Reuters, un ufficiale del governo ha dichiarato che i disordini mentali o comportamentali non sono di per sé una ragione per impedire alle persone di guidare.
Il testo si basava su un elenco di sintomi tratti dalla classificazione delle malattie mentali fatta dall’OMS che include la transessualità.
“Le decisioni sulle patenti di guida sono prese da una commissione psichiatrica – ha dichiarato Kseniya Kirichenko, avvocato e membro della Rete LGBT russa -. Trovo difficile credere che, anche in Russia, uno psichiatra possa giungere alla conclusione che una persona trans non possa guidare. Naturalmente, non accadrà”.
Le persone e la dignità
15 12 2014
Domenica 14 dicembre è bruciata la sede di Joint Mobile Group (Jmg) l’organizzazione per i diritti umani che aveva criticato il leader ceceno Ramzan Kadyrov (nella foto sopra il giorno del suo compleanno) per aver annunciato l’espulsione e la demolizione delle case delle famiglie dei presunti guerriglieri responsabili dell’attacco del 4 dicembre a Grozny (14 agenti, 11 ribelli e un civile morti). Troppo per Amnesty International e Human rights watch che hanno chiesto alle autorità russe di mettere fine alla campagna di intimidazione contro gli attivisti ceceni dei diritti umani, garantendo loro una vera protezione.
“Questi atti di intimidazione sono parte dell’attuale giro di vite sulla libertà di espressione nella regione. Il leader ceceno Ramzan Kadyrov sembra condurre una campagna personale contro il Joint Mobile Group e il suo leader Igor Kalyapin”, ha detto Anna Neistat, dirigente di Amnesty International.
Il colmo è stato raggiunto sabato 13 dicembre quando, durante una dimostrazione contro i gruppi armati operanti nell’area, sono apparsi manifesti indicanti l’ong come ”sostenitrice del terrorismo”. Il clima è tale che, sempre sabato, alcuni uomini armati e mascherati avrebbero seguito alcuni attivisti dell’ong a bordo di auto del tutto somiglianti a quelle delle forze dell’ordine cecene.
Ma non è tutto. Domenica la polizia è entrata nell’appartamento affittato dalla Jmg e, senza esibire alcun mandato, ha perquisito i locali, confiscato i cellulari, diverse macchine fotografiche, pc ed altra attrezzatura elettronica. Due membri dell’ong sono stati perquisiti e interrogati per diverse ore dalla polizia prima di essere rilasciati senza accuse.
Venerdì 12 dicembre le autorità hanno dato fuoco ad almeno sei abitazioni ritenute, a volte pare a torto, di miliziani che avevano partecipato ai sanguinosi scontri di Grozny del quattro dicembre. Alcuni difensori dei diritti umani avevano accusato il leader ceceno filo-Cremlino Ramzan Kadirov di “giustizia collettiva”.
“Se un ribelle uccide un agente o un’altra persona – aveva scritto Kadirov su Instagram – la sua famiglia sarà immediatamente espulsa dalla Cecenia e la casa distrutta”.
Kadirov “annuncia responsabilità collettive e punizioni collettive”, aveva detto Tatiana Lokshina, una dirigente di Human Rights Watch in Russia, critcando il leader e precisando che ciò “viola la costituzione russa, la legge russa e i doveri internazionali della Russia”. Tra l’altro sembra che quattro delle sei abitazioni distrutte non appartenessero in realtà a guerriglieri uccisi negli scontri del quattro dicembre.