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1 marzo 2016. 24h senza di noiTransational Strike

Appello per un 1° Marzo contro i confini e la precarizzazione, verso uno sciopero sociale transnazionale.

In piazza il 17 ottobre per diritti, reddito e democrazia

  • Martedì, 22 Settembre 2015 07:26 ,
  • Pubblicato in Flash news

Communianet
21 09 2015

L'assemblea nazionale della Coalizione Sociale si è riunita a Roma per mettere in comune le esperienze di mobilitazione, vertenzialità e mutualismo cresciute in questi mesi a livello locale e per decidere insieme le prossime tappe di mobilitazione.

Il punto di partenza sta nella constatazione del fatto che questo Governo con la sua azione di 'riforma' - Jobs Act, Buona Scuola, Sblocca Italia, privatizzazione dei beni comuni, riforme istituzionali - sta aumentando in maniera drammatica le disuguaglianze nel nostro Paese, mentre gli spazi di democrazia e partecipazione si restringono sempre di più, a partire dallo stesso diritto di sciopero. L'uso arbitrario dei dati statistici non può certo mascherare la povertà crescente, la perdita di potere d'acquisto e i salari troppo bassi, l'aumento della precarietà e della disoccupazione giovanile, la dispersione scolastica e i costi dell'istruzione, le differenze tra Nord e Sud. Dietro questi numeri ci sono le storie di milioni di donne e uomini che da sette anni continuano a pagare il prezzo della crisi. Siamo noi la vera maggioranza di questo Paese e dell'Europa: una maggioranza che oggi chiede giustizia.

Per questo, a partire dalle tante esperienze di organizzazione e mobilitazione che si sono prodotte a livello locale e nazionale, abbiamo deciso di aderire alla data del 17 ottobre, giornata mondiale per l'eradicazione della povertà, promossa da Libera nell'ambito della campagna Miseria Ladra. Crediamo che la rivendicazione di un reddito contro la povertà e le disuguaglianze, e di lavoro e formazione con diritti e di qualità, siano fondamentali per restituire dignità a milioni di donne e uomini che l'hanno persa nei meandri della crisi e della precarietà.

Si tratta di una richiesta chiara di fronte alla quale la politica non può più nascondersi. Parteciperemo alla mobilitazione nell'ambito delle tre giornate promosse da diverse reti e movimenti europei il 15-16-17 ottobre perché crediamo che sia necessario superare definitivamente le politiche di austerità e il ricatto del debito per immaginare un presente e un futuro diversi, con diritti e dignità per tutti.

È necessario organizzarsi collettivamente per rovesciare i rapporti di forza sfavorevoli che impediscono oggi di costruire l'alternativa a livello nazionale ed europeo. Le centinaia di migliaia di migranti in marcia contro i confini del nostro Continente ci offrono un esempio emblematico di come dal basso è possibile scardinare quest'Europa chiusa, violenta e antidemocratica.

Si tratta di una battaglia di tutti e per tutti, così come generale è stato il terreno del contrasto alla Buona Scuola: l'assemblea di Bologna del 6 settembre ha manifestato la volontà chiara di proseguire nella mobilitazione e di costruire un'iniziativa referendaria di carattere generale che, dentro il percorso di mobilitazione, può costituire un terreno importante di ricomposizione delle lotte contro la Buona Scuola, lo Sblocca Italia, il Jobs Act e le riforme istituzionali. Anche le lotte contro le trivellazioni in Adriatico, per un altro modello di sviluppo e per un'altra agricoltura, ci indicano una strada da percorrere nei prossimi mesi in particolare in vista della conferenza mondiale sul clima di Parigi.

È tempo di fare un passo avanti, allontanando la paura e alimentando la speranza. Non è sufficiente sapere di avere ragione per cambiare le cose. Esiste una domanda di giustizia, conoscenza, reddito, lavoro di qualità, che ha bisogno di farsi spazio, a partire dai territori, dalle esperienze di mutualismo e vertenzialità che dovremo moltiplicare. Soltanto coalizzandosi, mettendo in comune la nostra voglia di riscatto, si può uscire dalla condizione di esclusione e individualismo imperante per immaginare e praticare insieme l'alternativa alle miserie del presente.

Internazionale
13 07 2015

Un ragazzo biondo e sorridente in maglia gialla dall’alto di un cartellone pubblicitario ci avverte che dal primo giugno l’Ikea rimane aperta fino alle 22. Il ragazzo con il dito alzato dice: “Hai un’ora in più. Dopo la cena hai un’ora in più per fare acquisti”. Un’isola gialla e blu sulla via Tuscolana nella torrida estate romana: aria condizionata e cucina nordica a basso costo. Ecco forse le polpettine con la marmellata di frutti rossi e il purè di patate non sono proprio piatti estivi, ma vuoi mettere una cena al fresco circondati da librerie Billy e da famiglie sorridenti? Tutto alla modica cifra di 6,99 euro a persona.

Quando ha aperto il primo negozio Ikea a Roma nel 2000, i romani hanno scoperto lo stile informale, spartano e politicamente corretto degli svedesi. Era possibile per tutti ristrutturare casa con pochi soldi e con un po’ di fai da te, ci si poteva permettere armadi scorrevoli, librerie componibili, camerette colorate. Il tutto avvolto in un’idea di sostenibilità e di rispetto per l’ambiente e per i lavoratori.

Ma l’11 luglio, in uno dei sabati più caldi e afosi dell’anno, nel negozio dell’Ikea di Anagnina e in altre decine in tutta Italia gli avventori hanno scoperto che i lavoratori dell’Ikea non sono poi così contenti di come vengono trattati dal loro datore di lavoro. Sono proprio gli straordinari, le domeniche e i festivi il motivo del contendere tra azienda e lavoratori.

Lavoratori dell’Ikea manifestano nel negozio di Brescia. - Lavoratori dell’Ikea manifestano nel negozio di Brescia.
“Ikea è stata presa a modello nelle aule universitarie come caso di impresa partecipativa, che coniuga il benessere dei lavoratori con il buon business”, spiega Gioia, che lavora per l’Ikea dal 2000. “Ma in questi ultimi tempi il comportamento dei dirigenti ci ha lasciato senza parole”.

Per la prima volta da quando l’Ikea ha aperto il primo negozio in Italia nel 1989, i sindacati di categoria hanno indetto l’11 luglio uno sciopero su base nazionale, dopo che l’azienda svedese ha deciso di revocare il contratto integrativo aziendale che prevedeva una serie di benefici per i suoi dipendenti rispetto al contratto nazionale del commercio e dopo il fallimento delle trattative tra sindacati e azienda avvenuto il 3 luglio.

“Una pessima Ikea”, era lo slogan della protesta. Secondo i sindacati ha aderito allo sciopero l’80 per cento dei lavoratori, che hanno organizzato presidi e picchetti davanti ai negozi. Tuttavia i negozi sono rimasti aperti e l’azienda ha negato che ci sia stata una vasta partecipazione allo sciopero.

Lavoratori protestano davanti al negozio Ikea di Roma - Lavoratori protestano davanti al negozio Ikea di Roma
“L’azienda vuole revocare il premio fisso aziendale per i suoi dipendenti, un bonus di 59,5 euro al mese, circa 700 euro all’anno, che rappresentano una risorsa per questi lavoratori che per la maggior parte hanno contratti part time. Lavorano venti o trenta ore alla settimana e ricevono uno stipendio base di 500 o 600 euro al mese”, spiega Stefano Chiaraluce, sindacalista della Filcalms Cgil. “Se non si torna al tavolo delle trattative, dal 1 settembre i lavoratori dell’Ikea vedreanno decurtato il loro stipendio attuale del venti per cento”, continua.

In Italia i dipendenti dell’Ikea sono 6.200, a Roma circa 900 persone. L’80 per cento di loro ha un contratto part time di venti o trenta ore. “Fa comodo all’azienda fare contratti di questo tipo, gli garantisce flessibilità. E a chi ha chiesto di fare più ore è stato negato di passare al tempo pieno”, spiega Chiaraluce.

La maggior parte del fatturato viene realizzato durante i fine settimana, per questo l’Ikea chiede ai lavoratori maggiore disponibilità a lavorare il sabato e la domenica. “Niente di male, ma il problema è che ora l’azienda vuole pagare di meno i festivi e le domeniche”, spiega Chiaraluce.

Secondo i sindacati, i festivi che ora vengono pagati il 130 per cento in più dei giorni feriali, verranno retribuiti come semplici domeniche, cioè il 70 per cento in più (nel caso dei negozi di Roma). Inoltre si perderanno le maggiorazioni previste per chi lavora di domenica che variano in base al negozio e alla città. “Nel mio caso potrei passare da una maggiorazione domenicale del 70 per cento a una del 30 per cento”, spiega Gioia, una dipendente del negozio di Roma. “La tendenza è quella a equiparare i festivi e le domeniche ai giorni normali”, dice.

Lavoratori manifestano davanti all’Ikea di Roma. - Lavoratori manifestano davanti all’Ikea di Roma.
L’azienda ha annunciato nel maggio del 2015 che non avrebbe rinnovato il contratto integrativo che era scaduto ad agosto del 2014, suscitando le proteste e le preoccupazioni dei lavoratori. “Secondo l’azienda il motivo dei tagli è la crisi, ma anche la necessità di risparmiare sul costo del lavoro per investire sull’apertura di nuovi punti vendita”, dice Gioia. “Ma perché l’espansione deve essere fatta rinunciando ai diritti dei lavoratori?”, chiede.

A preoccupare sindacati e lavoratori, inoltre, c’è l’adesione da parte dell’Ikea a una federazione di imprese della grande distribuzione chiamata Federdistribuzione, che non ha adottato il nuovo contratto nazionale del commercio, rinnovato nel marzo del 2015.

Allo sciopero l’azienda ha replicato in maniera molto dura e in un comunicato ha scritto: “L’intransigenza del sindacato non contribuisce a una prospettiva positiva del confronto avviato. La decisione di sospendere il dialogo e indire uno sciopero nazionale va nella direzione opposta rispetto a quella della trattativa e del confronto, cui Ikea crede da sempre, come da sempre ha manifestato la volontà di arrivare ad un accordo sul contratto integrativo”.

Il 12 luglio i dipendenti dell’Ikea torneranno a indossare le divise gialle, ma se non si trova un accordo sul contratto entro fine luglio promettono nuove proteste. Le trattative riprenderanno il 22 luglio.

“L’azienda dice di ispirarsi a criteri di equità per questi nuovi tagli, valore che fatichiamo davvero a scorgere, se perseguito con tagli lineari a danno soprattutto dei lavoratori più fragili”, afferma Giuliana Mesina segretaria nazionale della Filcams Cgil.

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08 07 2015

Accusati di lassismo, irresponsabilità e di non lavorare per protesta contro il badge elettronico appena entrato in vigore sul loro posto di lavoro, i macchinisti non ci stanno e spiegano le vere ragioni della protesta. 
Sui social network, da Twitter e Facebook, è una gara di insulti da parte dei cittadini esasperati contro i macchinisti della metropolitana e delle ferrovie regionali Roma-Lido e Roma-Viterbo. Anche il sindaco di Roma Ignazio Marino si è unito al coro di condanna e protesta. Accusati di lassismo, irresponsabilità e di non lavorare per protesta contro il badge elettronico appena entrato in vigore sul loro posto di lavoro, i macchinisti non ci stanno e spiegano le vere ragioni della protesta: "Il problema non è il badge ma la decisione unilaterale dell'azienda che vuole passare le ore di guida annue da 700 a 950 senza volerne neanche discutere con i lavoratori".

Così ecco lo sciopero bianco, che altro non sarebbe secondo i lavoratori l'applicazione alla lettera del contratto e delle misure di sicurezza. Così ad esempio se un mezzo non ha la revisione, come molti da quanto si apprende, i macchinisti non lo fanno partire e salta una corsa. Sotto accusa finisce così l'intero sistema dei trasporti pubblici, con le sue carenze strutturali.

Sciopero bianco, lettera dei macchinisti alla cittadinanza

Il Movimento 5 Stelle di Roma ha intanto pubblicato una lettera anonima di alcuni macchinisti della ferrovia Roma-Lido, dove i guasti sono all'ordine del giorno, che chiedono ai pendolari esasperati dai continui guasti e ritardi di prendersela con le istituzioni e l'azienda, e non con guida i convogli in condizioni difficili:

Lettera alla cittadinanza

I lavoratori Atac della Roma Lido intendono informare la cittadinanza che l'attuale situazione del trasporto pubblico locale non è frutto di "scioperi bianchi" o proteste in atto bensì della decisione unilaterale da parte dell'azienda di riorganizzare il servizio rendendo pressoché impossibile la copertura dello stesso tramite lo straordinario, reso necessario ormai da anni a causa della carenza d'organico verificatasi dopo lo scandalo parentopoli.
Malgrado il cambio di giunta comunale, molti dei personaggi che risultano indagati o rinviati a giudizio a causa dello scandalo, rimangono al posto che occupavano anche con Alemanno.

A questo bisogna aggiungere il pessimo stato dei treni in servizio sulla nostra ferrovia, materiali già usurati da decenni di servizio su altre linee o addirittura mai utilizzati vista la loro inaffidabilità (200) e ulteriormente messi alla prova da una manutenzione ritenuta secondaria rispetto alla metro B.
Questi fattori, uniti alla scarsità di ricambi e alla carenza d'organico anche nei reparti manutentivi fanno sì che col passare del tempo, la flotta della Lido diventi sempre più inaffidabile e che la responsabilità della sicurezza venga affidata solo al personale di bordo.
Il peggioramento del servizio, giunto in questi ultimi giorni quasi al blocco totale, è frutto quindi del pessimo stato dei materiali rotabili e dell' impossibilità di coprire i turni oltre l'ordinario.

Lo ribadiamo: non stiamo attuando nessuna protesta, al contrario di quanto scrivono alcuni giornali e lo stesso sito aziendale.
La pessima gestione dei mezzi e delle risorse, lo scandalo degli stipendi d'oro, gli appalti truccati, la bigliettazione fasulla non possono essere addebitati ai macchinisti, capotreni, capistazione, agenti di stazione, operai e dirigenti locali: noi siamo quotidianamente al nostro posto.
Semmai sono le istituzioni ad essere latitanti!

PER LA COPERTURA DEL SERVIZIO C'E' BISOGNO DI TRENI EFFICIENTI E DI PERSONALE. Per questo, vi invitiamo a rivolgere le vostre sacrosante proteste nei confronti dei veri responsabili del disastroso

 

Scuola, passo falso del governo al Senato

Governo battuto: la Buona scuola ha dei profili di incostituzionalità. [...] Dieci voti a favore. Dieci contrari, una parità che in commissione Affari Costituzionali del Senato equivale ad un parere negativo e che costringe la maggioranza ad andare sotto. [...] "Battuta d'arresto per una riforma che non piace a nessuno". [...] Le proteste continuano. E al blocco degli scrutini ieri nel Lazio e in Lombardia ha aderito, secondo i Cobas, il 90 per cento dei docenti.
Claudia Voltattorni, Il Corriere Della Sera ...

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