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Inchiesta sulle antiche donne di Sicilia

  • Martedì, 21 Gennaio 2014 09:29 ,
  • Pubblicato in Flash news

GiULiA
21 01 2014

Nella Condorelli - giornalista e documentarista siciliana - ha effettuato un viaggio nei luoghi e nei fatti di una pagina dimenticata della storia siciliana e nazionale, il Movimento dei Fasci Siciliani dei Lavoratori, ritornando sui passi della sorprendente (e attualissima) inchiesta di un cronista dell'epoca, Adolfo Rossi, inviato del quotidiano romano "La Tribuna", che rimase stupito e affascinato soprattutto dalle parole delle donne...

Alla vigilia della sanguinosa repressione del movimento da parte del governo Crispi, Rossi viaggiando per la Sicilia a dorso di un mulo, scoprì infatti che i Fasci erano centinaia e raccolse la voce dei contadini e degli zolfari in lotta. Adolfo Rossi restituì le cronache di un sollevamento rivoluzionario. Era la prima volta che l'Italia si presentava unita in una rivolta sociale che tuttavia fu repressa nel sangue e che la storiografia sociale di oggi considera seconda per importanza solo alla Comune di Parigi.

Il giornalista scoprì poi che il cuore del movimento era animato sopratutto dalle donne e ne rimase affascinato. Scrisse in una cronaca del 16 ottobre del 1893, citata anche nella ''Corda Pazza'' di Leonardo Sciascia, di non aver mai immaginato di trovare rozze contadine che potessero esprimersi con tale proprietà. La sua inchiesta di giornalista quale uomo del nord liberale, suscitò un grande dibattito in Parlamento e fu tradotta e diffusa anche all'estero rimanendo nel tempo unica testimonianza di quei fatti.

Nel film-documentario "1893. L'inchiesta" Nella ha ricercato quei luoghi, i volti delle donne, la memoria.

Il film di cui proponiamo le prime immagini del promo, uscirà nel giugno 2014.


Fotografia. Vincenzo Condorelli (AIC). Montaggio: Giuseppe Pietro Tornatore. Animazioni: Nico Bonomolo
Una produzione Factory Film srl con la collaborazione Mibac - Mise - Regione Siciliana Assesorato al Turismo Sport Spettacolo - Sensi Contemporanei 2012 - Sicilia Film Commission Con il sostegno dei Comuni di Caltavuturo - Canicattì - Casteltermini - Corleone - Lercara Friddi - Palazzo Adriano - Palermo - Piana Degli Albanesi - Villafrati - Con il patrocinio dell'Associazione Casa Memoria Felicia e Peppino Imnpastato Con la partecipazione, tra gli altri, di Federico Bruno e del mulo Giovanni.
La canzone utilizzata nel promo è "Stati di Agitazione" dall'album "Socialismo o Barbarie" dei CCCP-Fedeli Alla Linea.

Messina - I luoghi dell'ingiustizia, ovvero i non-luoghi

  • Venerdì, 10 Gennaio 2014 12:54 ,
  • Pubblicato in Flash news

Global Project
10 01 2014

Lo stato di eccezione, ossia quella sospensione dell'ordine giuridico che siamo abituati a considerare una misura provvisoria e straordinaria, ha eretto una tendopoli a Messina. La legge, in quanto regola, è stata indebolita a favore di una normalizzazione dell’eccezione che minaccia la tenuta dello Stato di diritto. E’ un impianto burocratico da “stato di emergenza” a mantenere in piedi la cosiddetta “legge Puglia” del 1995, nata per l’esodo dall’Albania, ma che, al di fuori del Testo Unico Immigrazione, resiste nei codici, nonostante norme successive nazionali ed europee su accoglienza e procedure dei richiedenti la protezione internazionale.

La legge Puglia è il passepartout che apre i non-luoghi, come quello nato in ventiquattro ore, il 9 ottobre, nella palestra del Pala Nebiolo di Messina; una creazione supportata da una rappresentazione falsata della realtà, sostenuta da un giornalismo embedded e da una cronaca superficiale del contingente, tendente a dimostrare la tesi dell’ “emergenza sbarchi” in Sicilia e della solita tiritera governativa degli arrivi eccezionali. Nonostante siano 20 mila i siriani approdati in Italia, si tratta di un numero esiguo rispetto ai 2 milioni ospitati nei paesi confinanti.

L’apertura di un centro per richiedenti asilo nel complesso sportivo universitario Primo Nebiolo, prima definito di transito, dove attendere 3,4 giorni, e poi, dopo alcune settimane, battezzato “centro di smistamento”, ha mostrato come la città del “cambiamento dal basso” non abbia saputo reagire alla militarizzazione del proprio territorio.

Le logiche securitarie e concentrazionarie hanno ostacolato la proposta di ospitalità diffusa, nata dal basso, l’incapacità di governo ha prodotto un conflitto interistituzionale, tra Comune di Messina e Prefettura. Nel campo del Pala Nebiolo, le condizioni materiali dell’accoglienza al di sotto degli standard minimi, l’insalubrità del luogo, l’assoluta mancanza d’informazione ai richiedenti asilo sulla loro condizione giuridica, l’assistenza sanitaria non adeguata, la mediazione linguistica non sufficiente, unite alle condizioni di “prigionieri di stato” delle 182 persone di diversa nazionalità, hanno prodotto una escalation di proteste e sit in, fuori e dentro il campo.

Il 27 dicembre, dopo il divieto posto dal Comune a prendere parte alla conferenza stampa del sindaco sull’allagamento della tendopoli a seguito delle violente piogge, organizzavamo una contro conferenza in cui il portavoce dei richiedenti asilo annunciava la scelta estrema dello sciopero della fame e l’occupazione del “salotto buono” del palazzo municipale, da parte di 58 richiedenti asilo: gambiani, nigeriani, senegalesi e maliani. Si riusciva nella stessa giornata ad organizzare una visita ispettiva del deputato Francesco D’Uva, entrato insieme a una nostra delegazione.

In tarda serata il sindaco Accorinti si impegnava a richiedere che venisse effettuata un’ispezione da parte dell’Azienda Sanitaria, propedeutica all’ordinanza di chiusura per motivi igienico-sanitari, che chiedevamo da tempo. L’indomani, in serata, una fuga di notizie dal Viminale, annunciava la chiusura della tendopoli su decisione del ministro Alfano. Si sono cercate soluzioni di accoglienza alternativa dove i richiedenti asilo potessero attendere la disponibilità dello SPRAR, ed evitare il trasferimento nei CARA o in altri non-luoghi.

L’Arci Nazionale ha denunciato i trasferimenti illegittimi all’UNHCR. Il 29 dicembre altre persone venivano trasferite verso l’Umberto I di Siracusa, mentre la città rimaneva sorda all’esigenza di esprimere soluzioni abitative: causa mancanza di ospitalità alternative da parte delle autorità civili e religiose, i 58 richiedenti asilo lasciavano il Comune per rientrare nella tendopoli. Il 2 gennaio l’ultimo trasferimento delle 58 persone protagoniste della mobilitazione, verso i CARA di Borgo Mezzanone (Foggia) e Bari Palese: la tendopoli rimaneva vuota.

Il 5 gennaio, inspiegabilmente, 5 pullman hanno fatto ingresso al Pala Nebiolo, direttamente dallo sbarco alle tende. Nessuno uscirà dal campo: sono iniziate le fasi dell’identificazione e il foto segnalamento.

Il 7 gennaio con una conferenza stampa abbiamo denunciato la mancata trasparenza su tutta l’operazione: che fine ha fatto la relazione dell’Azienda Sanitaria? Perché si sta riattivando una caserma militare? Come risponde la prefettura alla non applicazione della convezione da parte dell’Ente gestore? Abbiamo distribuito alla stampa un dossier sulla visita ispettiva, una disamina delle violazioni di legge, e una cronistoria degli eventi.

Continuano le nostre azioni di advocacy e controinformazione…

Patrizia Maiorana e Chiara Barresi

Libero e la "sharia" di Catania

  • Martedì, 07 Gennaio 2014 11:33 ,
  • Pubblicato in Flash news

GiULiA
07 01 2014

Ma ci fanno o ci sono, i giornalisti di Libero che accusano la commissaria straordinaria (usando peraltro il titolo al maschile, il commissario) della Provincia di Catania, Antonella Liotta di essere bacchettona?

La Liotta è colpevole di aver firmato un'ordinanza che vieta manifesti e cartelloni raffiguranti immagini lesive "per la dignità del genere femminile istallati sulle strade provinciali". Saranno quindi bandite dalle strade provinciali le pubblicità che mostrano "donne ammiccanti e seducenti, che mostrano parti del corpo femminili per pubblicizzare prodotti di ogni tipo e che raffigurano stereotipi di una realtà deformata con riferimenti ad identità sottomessa all'egemonia virile e intellettuale del maschio". "I corpi suadenti delle donne - aggiunge la commissaria provinciale - associati a oggetti da possedere a qualunque costo, lanciano messaggi subliminali che attraggono l'attenzione dei consumatori stimolando, inconsapevolmente, sentimenti di possesso che spesso si tramutano in violenza di genere".

Chiaro no? Chiaro sì, ma non per Libero che, invece, vede nel provvedimento una sorta di sharia, la strada che conduce a Dio dei musulmani, la legge sacra dell'islamismo alla quale l'uomo e la donna devono attenersi. E in senso traslato qualcosa di arcaico e ferocemente primordiale. Questo il titolo e se il concetto non fosse stato ancora chiaro l'occhiello recita: Il nuovo Iran. E il catenaccio: "Con tutti i problemi che hanno ci mancava la moralità 2.0".

Ancora dal colonnino accanto all'articolo, Lando Buzzanca, inossidabile play boy di film anni sessanta, implora:"Siamo masculi, fateci almeno guardare".

Insomma Catania, che non è di solito ai primi posti nelle classifiche del politically correct, viene accusata , proprio stavolta, di essere protagonista di campagne di retroguardia.

Ma non si preoccupino Libero, i suoi giornalisti e i masculi guardoni che non vogliono vedere il nesso tra pubblicità sessista e femminicidi. Le donne di Catania sono ancora in attesa di vedere come il dispositivo venga attuato o se non si tratti dell'ennesimo annuncio show su argomenti in voga che "fa fine e non impegna". Come il tubino nero di una volta.

Il Fatto Quotidiano
07 01 2014

Dieci milioni di euro all’anno, soldi pubblici che la Regione Sicilia dirotta alle aziende sanitarie del nord Italia. È il valore della fuga del vitro, la fecondazione assistita che oggi è diventata un vero e proprio affare a sei zeri per chi riesce ad accaparrarsi le quasi dodicimila coppie che nel 2013 si sono sottoposte ad un trattamento di Pma (Procreazione medicalmente assistita) lontano dalla regione di provenienza. Si chiama mobilità passiva: si lascia la regione di provenienza per andare a curarsi fuori. Una vera e propria fuga, che vede la Sicilia guidare la classifica degli esuli del vitro: su cinquemila coppie che decidono di sottoporsi a un trattamento di fecondazione assistita, più di duemila preferiscono prendere un aereo ed entrare in strutture sanitarie del nord Italia.

Scelta obbligata dato che in Sicilia fino al 2012 non era previsto alcun sostegno pubblico a chi avesse bisogno di un trattamento di Pma. Sull’isola i centri pubblici in cui è possibile sottoporsi alla terapia sono soltanto sette, che nel 2008 sono stati scelti dal 15 per cento dei pazienti: il resto ha preferito optare per i centri privati, oppure migrare in altre regioni, dove l’offerta pubblica è molto più diffusa (per esempio in Lombardia dove sono 15 i centri pubblici che effettuano la Pma). Se infatti in Sicilia la fecondazione assistita non è rimborsata in alcun modo, così non è un po’ più a nord, dove i contributi pubblici per ogni ciclo di Pma esistono: sarà poi la Regione Siciliana a rimborsare gli altri enti regionali.

Logico dunque che i pazienti isolani scelgano di migrare, consapevoli che i costi sostenuti dalle altre regioni saranno poi rimborsati dal bilancio siciliano. Ed è per questo che nel 2008, secondo i dati diffusi dal ministero della Salute, 860 coppie siciliane sono andate a sottoporsi ad un ciclo di fecondazione assistita in Emilia Romagna, dove su una spesa totale di 2.124,52 euro la Regione ne rimborsa 1.827.087,20. Nello stesso anno la Toscana ha rimborsato con 1.538.152,48 euro ognuna delle 724 coppie siciliane assistite, seguita dal Lazio (378 coppie rimborsate con 803 euro) e la Lombardia: in totale la Regione Siciliana ha dirottato verso queste tre regioni più di sei milioni di euro all’anno per risarcire i trattamenti di Pma a cui si sono sottoposti i pazienti siciliani. A questi soldi vanno aggiunti i rimborsi dirottati alle altre regioni, più quelli (sconosciuti) per le coppie che hanno deciso di andare all’estero: un totale di dieci milioni all’anno che la Sicilia potrebbe facilmente risparmiare.

E invece i numeri della fuga del vitro sono in continuo aumento: nel 2008 erano il 23 per cento gli esuli del vitro, nel 2011 il 25 per cento, fino ad arrivare ad un cifra vicina ai trenta punti percentuali. Un vero e proprio corto circuito che incentiva le coppie con problemi di fecondazione a fare le valige e andare a curarsi al nord: se rimanessero sull’isola dovrebbero pagare di tasca propria, in caso contrario rimborsa Mamma Regione. Una perdita per l’economia regionale rilevante, dato che nello stesso momento in cui Palazzo d’Orleans rimborsa le aziende sanitarie di altre regioni, in Sicilia gli specialisti della fecondazione in vitro rimangono senza pazienti. “ Una situazione che ha un impatto negativo non indifferente sui conti sanitari regionali” scriveva l’ex assessore Massimo Russo nel piano sanitario regionale. Russo infatti ha ben pensato di intervenire sulla questione con un decreto, firmato il 26 ottobre del 2012, appena due giorni prima che l’isola ritornasse alle urne per eleggere il nuovo governo regionale. Nel decreto di Russo viene per la prima volta previsto un contributo alle coppie che decidano di sottoporsi alla fecondazione assistita sull’isola.

Problema risolto? Neanche per idea. Perché a fronte di un contributo di appena mille euro, viene imposta a tutti i centri siciliani la tariffa minima di 3.178 per un trattamento di Pma: prezzo ancora troppo alto dato che in regioni come la Lombardia basta pagare un ticket di 36 euro e 15 centesimi, il resto arriva sempre dal bilancio siciliano. In più nel decreto di Russo non è prevista alcuna differenziazione per fasce di reddito al contrario delle altre regioni: il risultato è che le coppie siciliane continuano ad emigrare. “Inoltre tale contributo vale solo per i 2000 cicli previsti. Una volta terminati, la coppia se si rivolge ai centri accreditati dovrà pagare 3.178 euro. Sotto questo profilo si rileva che alla coppia siciliana converrà comunque recarsi in altre Regioni” spiega il dottor Antonino Guglielmino dell’associazione Hera. “È assurdo che la Regione Sicilia spenda così tanto per rimborsare le altre regioni, quando potrebbe benissimo dimezzare i costi incentivando i pazienti a rimanere qui” commenta il deputato di Sel Erasmo Palazzotto.

Gli fa eco il capogruppo del M5S Giancarlo Cancelleri che ricorda come “le coppie costrette ad andare in altre regioni devono affrontare anche ingenti spese di trasferimento e soggiorno: mi chiedo a chi convenga questa situazione”. Ma non sono solo i partiti di opposizione a censurare l’attuale situazione.Il deputato democratico Pippo Di Giacomo, presidente della commissione regionale sanità, durante una trasmissione televisiva ha sintetizzato la storia dei rimborsi per la Pma in maniera tutt’altro che leggera: “È una truffa da galera” ha detto. Ma c’è di più, perché il decreto di Russo individua per la prima volta anche i centri accreditati dalla Regione per effettuare cicli di Pma: 9 pubblici, di cui due da costruire da zero, e sei privati.

Tra questi ha fatto discutere la convenzione stipulata tra la Regione Siciliana e l’Humanitas, la grande struttura sanitaria di Milano: la bagarre è scoppiata in consiglio regionale lo scorso autunno, quando è saltata fuori una delibera che garantirebbe all’ospedale milanese l’apertura di un maxi polo oncologico di 240 posti letto, dei quali 88 convenzionati e cioè rimborsati dalla Regione. Questa volta la delibera porta la firma del governatore Crocetta e di Lucia Borsellino, che ha preso il posto di Russo al vertice della sanità regionale. Un’operazione che farebbe spendere alla Regione altri dieci milioni l’anno in un periodo in cui i tagli lineari non risparmiano alcun settore. Perché questo regalo all’Humanitas? “Quella delibera non è esecutiva” si è difeso Crocetta, scatenando le minacce legali di Humanitas, che ha già avviato i lavori per la grande struttura di Misterbianco, vicino Catania. Un infortunio che ha messo a rischio la tenuta del governo Crocetta, dato che due dipendenti del centro siciliano di Humanitas (l’ad Giuseppe Sciacca e la direttrice sanitaria Annunziata Sciacca), sono familiari (rispettivamente zio e madre) del deputato Luca Sammartino, che sostiene la maggioranza. La nascita del nuovo centro catanese di Humanistas era stata agevolata proprio per combattere la fuga dei pazienti siciliani verso le altre regioni: la fecondazione assistita è considerata una delle cause statisticamente principali della mobilità passiva. Ma stando così le cose, la fuga del vitro è destinata comunque a continuare, impoverendo le casse pubbliche e arricchendo quelle private.

In ospedale si muore, ed è nella convinzione generale, non inesatta, non vulnerabile per eccesso, al contrario. Cos'è la sanità pubblica nel meridione? ...

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