×

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 415

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 404

la Repubblica
28 08 2013

E’ un esodo ininterrotto, una emergenza che è diventata routine. Sulla nuova rotta dell'immigrazione verso la Sicilia, quella che sembra aver totalmente tagliato fuori Lampedusa, tradizionale avamposto europeo degli sbarchi clandestini, ad arrivare sono per lo più siriani ed egiziani. In fuga dall’orrore e dalla guerra, i “passeggeri” di pescherecci, motoscafi, barche a vela e, spessissimo, gommoni, puntano ormai esclusivamente verso la costa orientale siciliana, Portopalo, prima di tutto, ma anche la più lontana Siracusa, e perfino Catania.

Non si parte più dalla Libia, dalla Tunisia, dal Nordafrica, porti che hanno fatto la fortuna delle organizzazioni che offrono "pacchetti" completi di viaggi della disperazione. L’imbarco avviene sempre più spesso dal Medioriente dove, col precipitare della situazione in Siria, e lo spettro di un imminente attacco di guerra, in migliaia ogni giorno sono pronti ad imbarcarsi.

Si muore, durante le traversate, come è accaduto venti giorni fa a Catania, con sei cadaveri recuperati sul lungomare della Playa affollato di bagnanti e turisti.

Ma si nasce anche, come nel caso del maschietto partorito sul barcone, durante la traversata che si è conclusa stamattina a Siracusa dove sono già arrivati, in poche ore e in due diverse ondate, 350 profughi.

Dicono di essere tutti siriani i 191 profughi soccorsi all'alba. Tra loro anche il bimbo, nato 4 giorni fa in mare, che assieme alla sua mamma è stato ricoverato per accertamenti all’ospedale Umberto I di Siracusa. "L'abbiamo trovato ancora con un tratto del cordone ombelicale attaccato - ha detto il comandante della Guardia costiera di Siracusa, Luca Sancilio- è la dimostrazione di come la vita trionfi sempre: si può venire alla luce anche in condizioni difficili e critiche".

Un altro barcone con a bordo circa 150 migranti è stato intercettato poco dopo al largo della costa siracusana dove si sono recate due motovedette della Guardia costiera, le stesse che poche ore prima avevamo trasbordato sulla banchina principale del porto grande i 191 migranti siriani. E il tam tam continua. Ad incentivare la "nuova rotta" verso Siracusa, oltre alla credenza che i controlli e le procedure siano più blandi rispetto a Lampedusa, anche il fatto che l’approdo sulla terraferma, anziché su un’isola, garantisca maggiori possibilità di fuga. E della continuazione di un viaggio che punta ad altre frontiere.

E nel frattempo tre egiziani sono stati fermati con l'accusa di aver pilotato il barcone arenatosi ieri con 118 migranti a bordo, in gran parte siriani, sulla scogliera di Fanusa nella zona di Punta Milocca, a Siracusa. Mouktar Mohamed Qasim Hasan, 30 anni, Abdelsalam Khameis, 23 anni, e Mahmoud Hada AAdel, 22 anni, sono accusati di favoreggiamento all'immigrazione clandestina. Sono stati identificati dal gruppo interforze della Procura di Siracusa. Polizia, carabinieri e guardia di finanza sono riusciti a rintracciare tutti i passeggeri del natante. All'altra punta della Sicilia, a Trapani, è approdato il cargo che ieri aveva preso a bordo i 109 profughi soccorsi al largo di Lampedusa.

Michela Giuffrida

TerreLibere.org
27 08 2013

La nuova emergenza profughi in Sicilia non deriva dal numero eccessivo di arrivi: al momento 24mila circa, ma solo i profughi della guerra siriana superano il milione. Il problema è la gestione militare affidata a Questori e Prefetti. L’assenza di un piano regionale. La creazione di strutture temporanee improvvisate in aree portuali e zone dismesse. L’improvvisazione nella gestione dei minori non accompagnati

Nel territorio siciliano proliferano centri di prima accoglienza aperti dalle Prefetture in virtù dalla legge Puglia del 1995, luoghi dalle caratteristiche giuridiche affidate alla discrezionalità della polizia, talvolta veri e propri centri di detenzione informale, utilizzate dalle forze di polizia e dalla magistratura alla ricerca dei soliti scafisti da gettare in pasto all`opinione pubblica per distogliere l`attenzione dalle clamorose lacune del sistema di accoglienza e dai frequenti allontanamenti, dovuti principalmente agli effetti perversi del regolamento Dublino II che inchioda in Italia, senza una prospettiva credibile di integrazione, gli immigrati identificati dopo lo sbarco.

Per le persone coinvolte in questo meccanismo infernale la prospettiva di una lunga attesa in condizioni disumane di sovraffollamento, una totale carenza di informazioni e di assistenza legale, una grande difficoltà di accesso alla procedura di asilo e ad un vero sistema di accoglienza, nessuna prospettiva di integrazione. Il collasso del sistema di accoglienza in Italia, malgrado l`aumento dei posti disponibili nel sistema SPRAR, si ripercuoteva anche più che su Lampedusa, dove il Centro di prima accoglienza e soccorso di Contrada Imbriacola funziona al minimo, a Mineo (CT) dove nel Cara sono attualmente confinate oltre 3500 persone, e molte altre sono all`interno della struttura senza essere state neppure censite.

In Sicilia la situazione è resa ancora più grave per la mancanza di una legge regionale sull`immigrazione, e per la latitanza del governo regionale su una tematica che è stata spesso oggetto di appassionati proclami da parte del Presidente Crocetta. Parole, solo parole, non seguite da fatti concreti e da impegni di spesa coerenti e continuativi.

Ma chi sono gli attori pubblici che trattano la materia dell`immigrazione in Sicilia? Secondo quanto riferito dagli organi di stampa, a livello regionale, l`unica iniziativa concreta in questa materia è stata la convocazione, il 4 aprile 2013, di un tavolo tecnico del coordinamento SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) della Regione Sicilia. Come si ricava dalle agenzie, 'i lavori, presieduti dal coordinatore regionale arch. Marco Aurelio Sinatra, sindaco di Vizzini, hanno visto la partecipazione dei membri designati dal coordinamento regionale, in rappresentanza dei progetti SPRAR delle città di Acireale, Agrigento, Caltagirone, Castelvetrano, Castroreale, Marsala, Chiaramonte Gulfi, Vizzini, Trapani.

Dopo l`audizione tenutasi in prima commissione affari istituzionali all`ARS, nel decorso mese di marzo, il tavolo tecnico ha avviato l`attività del 'laboratorio` per la definizione di una bozza di legge quadro regionale in materia di immigrazione. Così come concordato con l`assessore regionale alle politiche sociali e della famiglia, dott.ssa Ester Bonafede, il tavolo tecnico continuerà i lavori di elaborazione del disegno di legge in stretta collaborazione con il dipartimento dell`assessorato regionale competente. L`iniziativa sarebbe stata finalizzata ad offrire un contributo alle istituzioni regionali per la definizione di un quadro normativo per promuovere interventi finalizzati alla piena uguaglianza ed integrazione degli immigrati nel territorio regionale siciliano`. Alla prova dei fatti non si è visto nulla di concreto, anzi un disinteressamento rispetto a questa materia superiore a quello dimostrato nel 2011 dal governo Lombardo.

Alla fine di giugno, proprio mentre si aggravava l`ennesima emergenza sbarchi a Lampedusa e sulle coste della Sicilia sud-orientale veniva presentato un Disegno di legge regionale, dopo che alcuni parlamentari di diverse aree politiche avevano già depositato diversi disegni di legge regionali in materia di immigrazione ed asilo. Ancora carta su carta, in assenza di un dibattito che in sede legislativa portasse in tempi rapidi all`adozione di una legge regionale attesa da anni. La Sicilia rimane così l`unica regione italiana priva di una legge regionale sull`immigrazione e la gestione del sistema di accoglienza è affidato esclusivamente alle Prefetture ed agli organi di pubblica sicurezza.

Nel mese di giugno di quest`anno si svolgeva a Palermo un vertice in Prefettura nel quale le autorità coinvolte concordavano un piano per l`accoglienza dei minori con l`Autorità Garante per l`Infanzia e l`Adolescenza Vincenzo Spadafora. Alla riunione erano presenti, oltre ai Prefetti e Questori della Sicilia Occidentale, al Comandante provinciale dell`Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza, anche i rappresentanti delle Istituzioni e degli Enti locali che si occupano dei minorenni, sia vittime che autori di reato. Gli incontri derivavano da un Protocollo d`intesa sottoscritto nel dicembre 2012 tra il Dipartimento della pubblica sicurezza, l`Autorità garante ed il Ministro dell`Interno. Un incontro dedicato in prevalenza al tema della repressione penale dei reati commessi dai minori o sui minori stranieri. Al termine dell`incontro, il prefetto Cirillo ha ribadito come si stia rivelando efficace la collaborazione tra il Garante per l`infanzia e l`adolescenza ed il Dipartimento della pubblica sicurezza, che insieme possono realizzare una più incisiva azione di prevenzione e contrasto alla violazione dei diritti dei minori.

I minori scafisti vivandieri

Eppure ancora il 15 agosto scorso lo stesso garante dei diritti dei minori Spadafora ha lamentato l`assenza di un quadro normativo e di risorse economiche adeguate per garantire l`accoglienza dei minori non accompagnati che giungono in Sicilia. L`emergenza si è intanto spostata da Lampedusa, che il governo ha deciso opportunamente di 'svuotare`, alla Sicilia orientale. Il fenomeno ha assunto caratteristiche diverse rispetto al passato, per l`arrivo di intere famiglie provenienti dalla Siria.

Nei centri di prima accoglienza, aperti dalle Prefetture in convenzione con i più diversi enti privati, i minori non accompagnati rimangono molti giorni con gli adulti, quando non si giunge direttamente a chiamarli in causa come 'scafisti`. Minori che vengono privati della possibilità di difendersi e di capire persino cosa sta succedendo loro, come è stato rilevato con una nota preoccupata dal Garante per i diritti dei detenuti per la Sicilia che in una visita del 15 agosto presso l`istituto di detenzione per minori di Acireale ha incontrato uno dei due minori egiziani incriminati dalla Procura di Catania come 'scafisti vivandieri`, dopo il tragico sbarco della Playa il 9 agosto scorso.

Di fatto si consente una strisciante militarizzazione di alcune zone del territorio siciliano, affidate alla gestione delle forze dell`ordine per contrastare il fenomeno dell`immigrazione irregolare. E le conseguenze si vedono, basterebbe andare a verificare la situazione del Centro di Prima accoglienza e soccorso di Pozzallo (Ragusa) o i centri di prima accoglienza di Porto Empedocle (Agrigento) o di Porto Palo ( Siracusa), per verificare in quali condizioni materiali e giuridiche vengano 'accolti` i migranti che giungono non tanto a seguito di sbarchi, quanto piuttosto dopo vere e proprie azioni di salvataggio in alto mare e che dunque avrebbero bisogno di strutture recettive particolarmente efficienti, soprattutto nel caso di minori non accompagnati e donne, molte delle quali in avanzato stato di gravidanza.

L`emergenza umanitaria permanente

Il 28 febbraio scorso si chiudeva la cosiddetta emergenza umanitaria Nord Africa che era stata aperta nel febbraio del 2011 dal Governo Berlusconi. II Ministro dell`Interno Cancellieri, con una nota del 18 febbraio, comunicava quanto deciso in questo senso dal Tavolo di Coordinamento nazionale, e soprattutto la scelta di percorsi di uscita dall`emergenza che si sostanziavano nella concessione di una somma di danaro contante (in media 500 euro) ai singoli, abbandonandoli praticamente a sé stessi.

I centri di accoglienza gestiti dalla Protezione civile venivano chiusi, e molti rifugiati buttati praticamente sulla strada erano costretti a subire lo sfruttamento dei caporali per garantirsi la sopravvivenza, mentre altri si trasferivano in diversi paesi europei caratterizzati da sistemi di accoglienza e integrazione più efficaci. Molti di loro, alla scadenza dei documenti di soggiorno italiani, creavano movimenti di resistenza per rimanere nei paesi nei quali ormai avevano trovato anche lavoro, ma nei quali non potevano regolarizzarsi, in base al regolamento Dublino II perché erano transitati precedentemente in Italia.

Da quel momento molti loro compagni giunti sulle coste italiane, in particolare in Sicilia, rifiutavano di farsi identificare. Ed in molti casi si davano alla clandestinità fuggendo dai centri di prima accoglienza, allo scopo di presentare una domanda di protezione internazionale in un paese nel quale accoglienza e integrazione non fossero solo parole stampate sulla carta. Una fuga che potrebbe essere favorita da nuovi canali di sfruttamento della clandestinità.

Con il Governo Monti il passaggio a un sistema di accoglienza ordinario avrebbe dovuto realizzarsi attraverso il coordinamento e la programmazione delle diverse fasi da parte di tavoli regionali, che avrebbero dovuto coordinare l`attività dei Prefetti nelle diverse province, con il monitoraggio delle persone presenti, delle risorse impiegate, dei percorsi di inserimento attivati. Molte regioni, dalla Lombardia alla Sicilia sono state assenti in questa delicata fase di transizione e i tavoli regionali per la gestione dell`emergenza si sono riuniti pochissime volte senza produrre alcun coordinamento concreto.

Tensostruttura

Tutto è rimasto affidato alle decisioni dei singoli Prefetti e dei Questori, mentre le risorse venivano drasticamente tagliate e si accumulavano anche i ritardi nell`erogazione delle somme previste dalle convenzioni stipulate con gli enti gestori. Intanto l`emergenza si aggravava perché aumentava in modo consistente, soprattutto in provincia di Siracusa, e in Calabria, anche il numero dei profughi provenienti dalla Siria, a lungo negati dalle autorità di polizia che continuavano a definirli come 'sedicenti`, e che oggi costituiscono una realtà inconfutabile. La situazione nei paesi del Nord Africa, in continuo peggioramento, soprattutto in Egitto e in Tunisia, comportava un incremento delle partenze, anche se il grosso degli arrivi, meglio dei salvataggi, era costituito da migranti sub sahariani, in particolare somali ed eritrei, che riuscivano a fuggire dalla Libia.

Persone vittime di ogni tipo di abusi ingabbiati spesso da anni in quel paese, delle quali i nuovi potentati locali, che ne controllano in armi il territorio, hanno deciso di liberarsi. E sulla loro pelle si sta ridisegnando la mappa di un nuovo racket transnazionale che nessuna autorità di polizia ha saputo finora contrastare. I periodici arresti di qualche scafista rimangono solo effimera cronaca locale ma non portano avanti di un millimetro una vera azione di contrasto che dovrebbe partire dall`apertura di canali legali di ingresso, da una pronta accoglienza e da una maggiore protezione delle vittime. Evitando soprattutto la fuga nella clandestinità, che oggi sembra dilagare, a tutto vantaggio delle organizzazioni criminali.

Da ultimo le fughe di massa, di eritrei dalla 'tensostruttura` di Porto Empedocle, di profughi siriani dalla scuola Andrea Doria di Catania, utilizzati impropriamente come centri di trattenimento e transito informale, luoghi di identificazione sommaria piuttosto che di vera accoglienza, confermano l`assenza di un sistema regionale di prima accoglienza, e costituiscono prova inconfutabile di una situazione ancora peggiore rispetto all`estate del 2011. Per non parlare della utilizzazione periodica del mercato ittico di Porto Palo, come luogo di trattenimento e prima identificazione di migranti appena dopo lo sbarco.

Migranti, nuovo sbarco a Siracusa

  • Venerdì, 23 Agosto 2013 08:37 ,
  • Pubblicato in Flash news
Rassegna.it
23 08 2013

Continua l'emergenza sulle nostre coste: un barcone di 15 metri con a bordo circa 125 migranti è stato intercettato dal Guardacoste a Capo Ognina, in provincia di Siracusa

(Adnkronos) - Un barcone di circa 15 metri con a bordo un centinaio di migranti e' stato intercettato questa mattina dal Guardacoste veloce G114 Puleo del Nucleo di Manovra di Augusta, a circa 4 miglia a sud di Capo Ognina (Siracusa). Alla vista dell'unita' navale, l'uomo ai comandi del natante ha tentato con manovre evasive di impedire agli uomini delle fiamme gialle di procederne al fermo.

Dopo ripetuti tentativi i finanzieri hanno bloccato il moto del barcone, su cui hanno poi trasbordato i militari del Team di abbordaggio, che hanno quindi provveduto ad assumere il comando dell'imbarcazione.
Melting Pot
20 08 2013

di Davide Carnemolla, Progetto Melting Pot Europa

A Siracusa violenti pestaggi della polizia e reclusione forzata (in attesa di un probabile rimpatrio) per i migranti egiziani

La storia dei migranti siriani reclusi all’interno del neo carcere (ex scuola) Andrea Doria di Catania ha avuto un triste e violento epilogo. Nel pomeriggio del 14 agosto (giorno di lutto cittadino a Catania proprio per la morte dei 6 migranti avvenuta il 9 agosto) i cittadini siriani sono stati portati nei locali della polizia scientifica - con la finta promessa di farli incontrare con un avvocato – e sono stati obbligati con la forza a farsi identificare. I migranti hanno poi raccontato agli attivisti di aver subito ricatti, minacce e violenze (donne e bambini inclusi). Sono stati quindi portati al CARA di Mineo.

Se la Andrea Doria si svuota, l’ex scuola Umberto I nella periferia di Siracusa (Contrada Pizzuta) continua ad accogliere/detenere centinaia di migranti, la maggior parte dei quali provenienti da Siria, Egitto, Afghanistan e dai paesi del Corno d’Africa e quindi tutti potenziali richiedenti asilo.

Il 9 agosto, così come denunciato da ASGI e ARCI in un comunicato ufficiale, la polizia presente all’interno della struttura ha picchiato decine di migranti. E altre gravissime violazioni dei diritti fondamentali sono in arrivo soprattutto per gli egiziani visto che, così come accaduto quasi sempre negli ultimi casi, rischiano di essere rimpatriati in Egitto nel pieno di una guerra civile ed in base a “misteriosi” accordi bilaterali Italia-Egitto (gli ultimi dei quali firmati nel 2005 e nel 2007 e riferiti solo ai migranti economici). Intanto, in attesa di essere deportati, i migranti egiziani sono reclusi a forza all’interno di uno stanzino dentro la struttura senza la possibilità di uscire e con uno stuolo di poliziotti piazzati sull’uscio della porta. Una totale privazione di diritti e libertà che rappresenta, all’interno dell’Umberto I di Siracusa, una detenzione a doppia mandata per i migranti.

E poi c’è la questione dell’ente gestore dell’ex Umberto I, la ditta di pulizia Clean Service di Siracusa. Da quanto risulta l’ente, che aveva avuto in gestione l’Umberto I anche durante la cosiddetta Emergenza Nord Africa, ha un accordo con la Prefettura ma non sono stati firmati nè contratti nè convenzioni ufficiali. E attualmente la ditta percepisce 25 euro al giorno a persona.

E’ una storia purtroppo ormai nota: gli incarichi agli enti gestori dei CIE, dei CARA, dei CSPA e anche delle altre strutture “semi-detentive” quali quelle aperte di recente in varie zone della Sicilia (destinate verosimilmente ad aumentare nei prossimi mesi) sono affidati, nella gestione perennemente emergenziale dell’immigrazione, senza procedere a regolari gare d’appalto alimentando il business creato sulle spalle dei migranti (ricordiamo a tal proposito l’inchiesta di Melting Pot “Profugopoli” pubblicata durante l’Emergenza Nord Africa)

Abusi, detenzioni, incarichi “discutibili”e normative inadeguate. E in Sicilia la sensazione è di essere solo all’inizio.
Per queste ragioni le associazioni e gli attivisti antirazzisti siciliani lanceranno nei prossimi giorni un appello ufficiale per chiedere che venga dato ai migranti già arrivati ed a quelli in arrivo sulle coste italiane un’accoglienza degna e un pieno ed effettivo “diritto di scelta”.

Di seguito riportiamo i contributi di due attivisti che hanno partecipato al presidio permanente davanti la scuola Andrea Doria e che ci raccontano nei particolari quanto successo fino al 14 agosto.



Gestione scandalosa dell’accoglienza ai siriani sbarcati a Catania

Da giorni trattenuti in condizioni di precaria accoglienza da parte della prefettura di Catania. Unico supporto umano e di garanzia del rispetto dei loro diritti è stato garantito dall’ ARCI e dagli antirazzisti catanesi (comitato spontaneo a cui prendono parte Rete Antirazzista Catanese, Catania Bene Comune, Collettivo Politico Experia ed altre organizzazioni radunatesi per garantire solidarietà ai migranti fortunosamente sbarcati a Catania).

L’ARCI, in particolare, in qualità di ente di tutela accreditato ha garantitola presenza di mediatori culturali, pediatri, medici donne, psicologi disposti sin da subito a collaborare affinché i siriani rimasti nella struttura si facessero identificare per poi chiedere protezione internazionale. I profughi accolti però, consapevoli della scarsa capacità d’accoglienza italiana e vogliosi di raggiungere i propri parenti già arrivati in nord europa, hanno deciso tutti di non farsi identificare. Come da tempo fanno anche gli eritrei (vedi il caso delle proteste a Lampedusa) il loro sforzo è rivolto a contrastare la normativa europea sul diritto d’asilo, la quale prevede che i richiedenti protezione internazionale possano essere accolti solo nel primo paese in cui giungono all’interno dei confini dell’UE.

La norma, il regolamento 343/2003 il così detto Dublino II prevede chela competenza sull’identificazione e la protezione internazionale dei richiedenti asilo giunti in Unione Europea spetti al primo stato in cui arrivano o, di fatto, il primo stato in cui vengono identificati. È proprio questo il vincolo che i siriani cercavano di aggirare. Non volevano assolutamente farsi identificare. “Italia NO”, “freedom” e “open the door” gridavano i bambini all’interno di questa informale struttura detentiva, la scuola Andrea Doria di Via Grassi a Catania. Per quattro giorni hanno rifiutato l’identificazione con foto-segnalazione e rilevazione di impronte digitali sostenendo, come effettivamente è, che questo gli avrebbe impedito di raggiungere parenti e amici in Germania, Svezia, Norvegia.

Diversi hanno avviato anche lo sciopero della fame, ma gli operatori di polizia non lo hanno neanche capito o, come forse è più probabile che sia andata, hanno fatto finta di non vedere. Difficile comunicazioni all’interno tra forze dell’ordine e sfollati trattenuti contro la loro volontà. Solo grazie ai mediatori dell’ARCI si è cercato di convincerli a farsi identificare anche perché la ministra Kyenge in persona si era fatta garante di un rapido ricongiungimento di queste persone con i propri parenti nei vari paesi nord-europei. Nessuno però ha confermato ufficialmente questo accordo ai siriani trattenuti nella scuola, per cui la protesta è continuata ad oltranza, fin quando, oggi pomeriggio,l’identificazione è avvenuta nel peggiore dei modi possibili. Infatti, con l’inganno di vedere un avvocato, i siriani sono stati trasportati, a gruppi di circa 5 persone per volta, presso i locali della polizia scientifica dove sono stati identificati con la forza. Il racconto che hanno fatto al loro rientro comunicando ad alta voce col presidio degli antirazzisti presenti da giorni lì davanti a garantire solidarietà è drammatico. Si parla di donne a cui è stato strappato il velo con la forza, di bambini trattenuti dai poliziotti per obbligare gli adulti a farsi identificare (non era del resto necessario che i minori accompagnassero gli adulti per le procedure di identificazione), di uomini malmenati quando hanno cercato di opporsi.

Ovviamente la Polizia avrà gioco facile a smentire quanto dichiarato dai bambini siriani, ma il fatto certo sono i 2 contusi,di cui uno con un braccio rotto e l’altro con la gamba fasciata, dopo che erano partiti perfettamente integri prima del trasferimento nei locali della scientifica di Catania. Questi i fatti. A breve anche un video girato dagli antirazzisti presenti sarà diffuso alla stampa.

L’Italia sta facendo l’ennesima brutta figura internazionale sulla gestione dell’accoglienza ai migranti, e, nel caso di questi giorni a Catania, a sfollati in fuga da una guerra che ha già prodotto 100 mila vittima e più di tre milioni di sfollati, come denunciano organizzazioni ONU.

L’epilogo di quest’ennesima vicenda – gestita, come sempre in questi casi, con i canoni dell’emergenza e dell’ordine pubblico,piuttosto che dell’accoglienza reale con mediatori linguistici,culturali e legali, la presenza di un presidio sanitario stabile nella struttura e il libero accesso di legali e di associazioni che vigilassero sul rispetto dei diritti dei migranti – è lo spostamento degli sfollati presso il CARA di Mineo, struttura tristemente nota per essere tutt’altro che accogliente.

Siamo alle solite. Le istituzioni italiane non sanno accogliere e i siriani l’hanno ben capito. Per questo motivo vogliono andarsene via e la polizia chiude spesso tutti e due gli occhi per lasciargli attraversare liberamente il territorio nazionale affinché raggiungano luoghi lontani e più efficienti nell’accoglienza. Farebbe comodo a tutti questa gestione tutta italiana dell’emergenza siriana. Ma fino a quando? Altri sbarchi stanno per interessare le coste della Sicilia sud orientale. Si parla di 15-20 mila siriani in Egitto pronti a partire per l’Europa. Certo, come sempre, sarà tardi per preparare un vero piano d’accoglienza. Le procedure d’emergenza saranno preferite anche perché permetteranno a molti di gestire soldi pubblici al di fuori della decenza con misure d’urgenza (senza gare d’appalto e requisiti necessari) che vedranno accreditati enti assolutamente incompetenti nella mediazione culturale con popoli di nazionalità e culture differenti, ma ben disposti a lucrare sulla pelle di chi ha perso tutto. Ma si mettano almeno le organizzazioni antirazziste, quelle davvero interessate all’accoglienza e da anni impegnate sul campo, nelle condizioni di operare a favore della tutela, della dignità e della vera accoglienza di profughi,sfollati, perseguitati e migranti in fuga da guerre, da disastri ambientali e dalla povertà estrema.

Giuseppe Belluardo, 15 agosto 2013

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Catania, 14 agosto: “Freedom” – libertà – gridano i bambini siriani

Dopo il viaggio della morte, sei i deceduti all’atto dello sbarco sulla costa a ridosso di Catania, ora, dopo che in diversi sono fuggiti, il gruppo delle famiglie siriane rimaste unite si ritrovano dietro i cancelli di una scuola. Provengono da un’area di guerra e di orridi massacri civili. Sono passati quattro giorni. Loro sono sempre lì: undici adulti e dieci bambini. Vivono e dormono nella palestra. Una situazione di assoluta precarietà e promiscuità. Un consistente spiegamento di polizia presidia l’interno e l’esterno della scuola.

Non intendono restare in Italia. Vogliono il “Diritto di Scelta”, accedere, cioè, alle procedure di richiesta d’asilo nei paesi europei dove risiedono loro familiari. Conoscendo la triste sorte subita da migliaia di migranti tenuti rinchiusi, anche per lunghissimo tempo, nei Cie e nei Cara, non vogliono farsi identificare, farsi “punzonare” le impronte digitali. Infatti, le attuali leggi prevedono che si può chiedere asilo solo nel paese in cui si è stati identificati. E, in Italia, come ben noto, specie agli “sventurati” provenienti dall’altro mondo, le condizioni di inserimento sono proprio pessime.

Durante queste giornate, costantemente, all’esterno della scuola –“carcere”, sono state presenti molte decine di volontari, di associazioni antirazziste e di gruppi della solidarietà civile, delle rappresentazioni sociali e di cittadini democratici, per portare attivo sostegno e “calore” umano. Sono state continuamente proposte iniziative concrete, per migliorare le condizioni di vita dei profughi siriani, in rispetto dei loro diritti, compreso l’aspetto sanitario, piscologico e della mediazione linguistica e culturale.

Diversi cittadini hanno portato beni di vario genere per allievare le sofferenze. Dopo primi tiepidi inizi, i “controllori” hanno posto una rigida ed incomprensibile chiusura. Tutto viene respinto: vestiti, giochi, gelati e quant’altro che possa alleviare lo stato di forte ansia, specie dei bambini. Vengono rifiutati anche degli “innocenti” oggettini che procacciano l’emissione nell’aria di bolle-sapone.

Durante la mattinata di giorno 14 - giornata ufficiale di lutto per Catania - di fronte a oltre cinquanta persone, a cura delle associazioni antirazziste: Rete antirazzista catanese, Catania bene comune, centro Experia, Arci, Osservatorio su Catania,si è svolta una partecipata conferenza stampa, per denunziare l’insostenibile stato di vivibilità dei rifugiati.

Dopo…..una scena a dir poco straziante. Un gruppo di bambini siriani, con alcune piccole bandiere colorate su carta, si è messo a “sfilare” nel cortile della scuola. Al grido, lungamente ripetuto, di “Freedom” – Libertà!

Tutti i cittadini presenti dietro i cancelli hanno ripetuto in maniera possente questo grido di dolore. Sì, gli occhi dei bimbi luccicavano di lacrime.
Poi, nel pomeriggio, la situazione è precipitata. Caricati su dei furgoni sono stati portati in un sito della polizia, e forzatamente rilevate le impronte digitali, fatte le fotografie. Come successivamente raccontato da due donne e tre bambini ad una giovane interprete della Rete antirazzista, le scene dell’identificazione sono state molto agitate. Già, come si fa a far fare a degli umani disperati cose che assolutamente non vogliono fare? Ciascuno tenti la propria risposta!

Infine, attorno alle 20, sono stati trasferiti presso il Cara di Mineo, dove già le presenze –reclusioni sono costituite da 3500 persone.
Durante questa estate migliaia e migliaia di disperati, uomini, donne, tanti i bambini, provenienti da aree di guerra, dittatoriali, di gravissima sofferenza materiale, sono “sbarcati” dai barconi nelle coste siciliane, per richiedere aiuto e solidarietà, innalzando un lancinante grido di dolore. A Lampedusa e nelle coste sud-orientali dell’isola. In tanti, come già avvenuto nel corso degli ultimi anni, sono annegati nel mare Mediterraneo.

Solo nei paesi limitrofi alla Siria, sono stati accolti centinaia di migliaia di rifugiati sfuggiti alla guerra assassina che travaglia quel paese, uno, due milioni, chissà.
Poi, da un anno a questa parte ci sono gli egiziani, le drammatiche notizie dell’ultim’ora, danno conto degli ulteriore persone ammazzate dal piombo dello stato.
Fuggono, sempre, da Eritrea, Somalia, Afghanistan, Palestina, paesi del Centrafrica, Tunisia, e tanti altre aree dove la morte assassina e le persecuzioni sono sempre in opera, bene alimentate dai mercanti d’armi occidentali.

L’Europa ex colonialista, e l’Italia imperiale che “cercava un posto al sole”, che hanno riempito i propri forzieri ( di molte “famiglie” ed accozzaglie dedite alle rapine organizzate) con le storiche espoliazioni effettuate e con gli stupri (… quanti meticci), oggi, rispondono, con la chiusura delle frontiere, con il “reato di clandestinità”, con le carceri per gli umani bollati “clandestini”.

Già, ieri i “diversi”: ebrei, rom, handicappati, oppositori, gay, come propugnato dai regimi nazi-fascisti, perseguitati, a decine di milioni; oggi, le proclamate “democrazie” blindano i loro confini. “Ributtando” a mare i disperati che cercano sostegno, accoglienza, solidarietà e possibilità di ricostruire una nuova vita.
Quanti cuori in gola, quante angosce, per nascondersi - mentre da noi impazza il “carnevale” estivo della grazia al cavaliere, come ieri tra chi cercava di sfuggire agli aguzzini nazi-fascisti - tra questi migranti disperati, che, dopo sbarcati, si “danno alla macchia” per non farsi rinchiudere dietro le sbarre.

Eppure l’art. 3 della nostra Costituzione, costruita sulle carni dei martiri antifascisti, declama che “ tutti i cittadini ( della Gaia Terra, aggiungo) hanno pari dignità davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politiche, di condizioni personali e sociali

Di fronte a queste immane situazioni di sventura e di dolore servono corridoi umanitari gestiti dall’Italia e dall’Europa tutta, tanto sbandierata, da tronfi speculatori, isola di pace. In loco, dopo i 55 milioni di morti dell’ultima guerra in casa, che dovevano bandire discriminazioni e “caccie al nemico”. Non tanto i biasimi contro “ mercanti della morte” propagandati da torvi personaggi di tutte le “sponde” politiche …..come se i ricercanti asilo ed accoglienza avessero altre possibilità di fuga.
Serve accoglienza, gioia, civiltà democratica e sociale. Non galere e sbarre.
Domenico Stimolo, 14 agosto 2013
Su ogni balcone sventola una bandiera: "No Muos". "Vogliamo impedire la realizzazione del Muos adesso, e poi chiediamo che vengano smantellate le altre antenne". Enza lavora nel sociale. Insieme a lei ci sono casalinghe, insegnanti, estetiste, commercianti. In tutto 700 iscritte. Un centinaio davvero attive. Donne, mamme, lavoratrici che per difendere il futuro dei propri figli hanno deciso di scendere in piazza. ...

facebook