Giornalettismo
29 08 2013
Svolta storica in Arabia Saudita: il governo ha approvato la legge che riconosce come reato ogni forma di abuso su donne e bambini, compresa la violenza domestica. Chiunque si macchi di questo odioso crimine sarà sottoposto a processo e condannato secondo la gravità del fatto commesso.
LA LEGGE - Prima dell’approvazione di questa legge, spiega Reuters, il regno saudita considerava la violenza domestica su donne e bambini come una faccenda strettamente privata, da risolversi all’interno della famiglia. Da oggi, invece, ogni forma di abuso, fisico, psicologico o sessuale - o anche solo la minaccia di uno di essi – è passibile di denuncia. La pena varia da un minimo di un mese a un massimo di un anno di carcere e sono previste anche pene pecuniarie che possono arrivare fino a 50.000 ryals sauditi (poco più di 13.000 dollari). In caso di recidiva, la pena potrà essere raddoppiata.
ASSISTENZA PER LE VITTIME - Il ministro della Cultura e dell’Informazione, Abdulaziz Khoja, ha anche spiegato che per le vittime degli abusi è previsto anche un programma di assistenza materiale e psicologica, comprendente anche l’assistenza medica e la possibilità di trovare un alloggio lontano dal perpetratore delle violenze. Non solo. La nuova legge prevede anche una specifica sezione per quanto riguarda gli abusi sul posto di lavoro, tanto che ogni dipendente che viene a conoscenza di simili fatto dovrà essere tenuto a informare il proprio datore di lavoro.
TABÙ INFRANTO? - Lo scorso aprile era stata avviata una campagna di sensibilizzazione sulla violenza domestica, per aiutare le vittime a denunciare gli abusi e ottenere assistenza medica e legale. Fino ad allora la violenza domestica era rimasta un tabù: secondo un sondaggio condotto nel 2009 da Arabian Business sulle donne che si recavano nei centri di primo soccorso, oltre un quarto delle intervistate nei vari erano state vittime di abusi fisici ma soltanto tre su dieci l’avevano confidato al medico che aveva prestato loro le prime cure.
Valentina Spotti
"Non importa essere la prima, quel che importa è ispirare un'altra a essere la seconda". A 25 anni Raha Moharrak ieri è entrata nella storia come prima donna saudita, e la più giovane fra le arabe, ad avere toccato la cima dell'Everest. ...
GiULiA
03 05 2013
Un volto femminile quasi interamente coperto dal niqab che lascia libero solo gli occhi, di cui uno tumefatto: è l'immagine scelta per la campagna contro la violenza sulle donne in Arabia Saudita, la prima mai lanciata nel regno wahabita. "Certe cose non si possono coprire", si legge sui manifesti contro le violenze familiari, finanziati dalla fondazione del re Khalid. A provocare l'inversione di rotta, in un Paese dove le donne sono soggette a forti limitazioni della libertà è stata l'atroce fine della piccola Lama al-Ghamdi, la bambina di 5 anni morta nel 2012 dopo essere stata violentata, torturata e picchiata dal padre, Fayhan al-Ghamdi, un noto telepredicatore.
L'episodio ha suscitato la reazione indignata dell'opinione pubblica e l'uomo, dopo quattro mesi in detenzione preventiva, è stato nuovamente incarcerato "per lungo tempo" per ordine della corte reale.
È previsto un apposito programma di protezione legale che incoraggia i sauditi a denunciare i casi di violenza che avvengono in tutto il Regno, da Madinah, a Najran, passando per Mecca e Riyadh. La "Charitable Foundation King Khalid" si propone di realizzare un sistema che riduca la violenza e l'iniziativa sottolinea come "il fenomeno delle donne maltrattate in Arabia Saudita è molto maggiore di quanto appaia". La campagna rappresenta un grande progresso per un Paese dove la polizia religiosa solo recentemente ha revocato il divieto per le donne di guidare moto e biciclette.