In genere
04 11 2013
"Le donne devono" è l'inizio della frase, il seguito prevede 4 opzioni, e sono: "stare a casa", "farsi desiderare", "stare in cucina", "essere sottomesse". Parola di google. O meglio, della funzione che propone in automatico una rosa di possibili ricerche in base alle prime parole digitate. Abbiamo provato a fare in italiano quello che una famosa campagna dell'Un women ha fatto recentemente con l'inglese, e qui sotto potete vedere i risultati.
Se si fa una ricerca in internet interrogando Google, basta scrivere una o due parone nell'apposita casella e il motore di ricerca propone in automatico delle opzioni di frasi complete, che in realtà, più che frasi, sono le ricerche più frequenti fatte a partire dagli stessi termini. Un modo, anche se relativo, di farsi un'idea del grosso che circola sul web su certi argomenti. La funzione si chiama completamento automatico, e certo non si può considerare un "termometro" scientifico di tutto quello che gli utenti cercano su internet, ma almeno un po' di indicazione sì, perché così funziona: "Durante la digitazione, il completamento automatico prevede e visualizza alcune query tra cui scegliere. Le query di ricerca visualizzate dalla funzione di completamento automatico rispecchiano l'attività di ricerca di tutti gli utenti del Web e i contenuti delle pagine web indicizzate da Google", si legge sulla guida dello stesso motore di ricerca.
Se si comincia scrivendo "le donne" succede che si scoperchia una pentola di misoginia e sessismo. Anche se si aggiunge un verbo il risultato non cambia, la frase suggerita è quasi sempre negativa.
Contenuti dispregiativi compaiono con una frequenza allarmante, almeno nel web in inglese e in italiano. L'Un women, la costola delle Nazioni unite che si occupa di diritti delle donne, ha usato i risutati in lingua inglese per sottolineare quanto la discriminazione sia radicata nelle società (si legga anche quest'articolo del Time). In rete la maggior parte delle ricerche ancora sono su pregiudizi e stereotipi, "le donne non dovrebbero lavorare", "le donne non sanno guidare", "le donne devono stare a casa" eccetera.
Ah, abbiamo provato anche digitando "gli uomini..." e in effetti va molto meglio, i risultati sono spesso positivi e quelli negativi, che pure ci sono, sono sempre la minor parte.
La Repubblica
23 10 2013
"CHI RIESCE a guardare questo video?". La sfida viene lanciata da un utente su Facebook. I suoi contatti cliccano play, ma si ritrovano davanti a delle immagini inaspettetate. Da voltastomaco. Un uomo mascherato viene ripreso mentre uccide una donna, decapitandola. Le segnalazioni per violazione dei termini d'uso si moltiplicano. Ma dal social network nessuno muove un dito e il video rimane lì. Infatti non vìola più nessuna regola, Facebook le ha cambiate. Di nuovo. Da qualche settimana infatti, sul social network più frequentato al mondo è possibile pubblicare video violenti di qualsiasi tipo. La questione sarebbe passata inosservata se il premier britannico, David Cameron, non l'avesse commentata su Twitter. "È da irresponsabili - ha scritto Cameron - che Facebook permetta di postare video di decapitazioni, soprattutto senza alcun avvertimento. Dovranno spiegare il loro comportamento ai genitori spaventati".
Giornalettismo
20 09 2013
Vittime di abusi sessuali on line, adescati dai pedofili e ricattati per compiere atti sessuali su webcam e forum. A lanciare l’allarme sulla condizione dei bambini britannici sono stati i ricercatori del “Child Exploitation e Online Protection Center” (CEOP), che ha svelato come migliaia di minori siano presi di mira da parte di molestatori in rete, spinti verso atti di autolesionismo, se non verso il suicidio.
GRAN BRETAGNA: INCUBO MOLESTATORI ON LINE PER I BAMBINI – Come ricorda l’Independent, tra ricatti, atti di cyber-bullismo e e abusi sessuali, i pericoli per i bambini in rete sarebbero in aumento. Tanto che in alcuni casi le molestie subite avrebbero portato a tentativi di suicidio da parte delle vittime, hanno avvertito gli esperti. Ingannati e adescati in rete, i bambini – in particolare quelli di età media di otto anni – sono poi costretti a filmarsi attraverso le web cam e compiere nuovi atti sessuali.
Il motivo? Temono che le immagini nude siano inviate alle famiglie, così come minacciato da chi riesce ad attirali con false promesse. I molestatori – hanno spiegato gli esperti del Ceop – utilizzano falsi profili sui social network, approfittando di piccoli ed adolescenti ignari e spacciandosi per adolescenti. Attraverso una recente operazione di polizia in Gran Bretagna è stata scoperta una rete di pedofili stranieri che minacciavano oltre trecento bambini, 96 nel Regno Unito, attraverso i canali on line. Alcune delle vittime hanno poi tentato il suicidio, quando i molestatori hanno minacciato di rendere pubbliche foto imbarazzanti che le riguardavano.
TENDENZA IN AUMENTO – Secondo il Guardian, i numeri confermano come il fenomeno non sia da sottovalutare: negli ultimi due anni, secondo i dati forniti dalle forze di polizia britanniche e di altri paesi, 424 sono i casi di bambini rimasti vittime di ricatti sessuali on-line, 184 nel Regno Unito.
Uno sviluppo del fenomeno più generale del cyber-bullismo, che anche in Italia resta attuale, considerati i casi di suicidio di diversi ragazzini vittime di discriminazioni in Rete (basta pensare alla vicenda della giovane novarese che si è tolta la vita o ai ragazzini omosessuali suicidi perché stremati dagli insulti, ndr).
Secondo i media britannici c’è bisogno di maggiore formazione per gli adolescenti sull’utilizzo responsabile della rete e dei social network: «I giovani devono ricordare che il mondo online è il mondo reale. Le foto possono essere distribuite a migliaia di persone in pochi secondi e non possono mai essere completamente eliminate», ha dichiarato John Cameron, capo del servizio di assistenza NSPCC. «Abbiamo bisogno di educare i giovani, ma anche rassicurarli che i molestatori on line possono essere fermati, che i crimini commessi da chi li minaccia sono gravi e puniti con pene detentive di lunga durata», ha concluso.
RISCHI NON SOLTANTO IN GRAN BRETAGNA – Il fenomeno degli abusi sessuali on line non riguarda di certo soltanto il Regno Unito: già lo scorso anno fu l’organizzazione Save the children a chiedere misure concrete per proteggere i minori: «Un bambino che utilizza il web senza conoscere gli strumenti per capire e gestire un mezzo che ha molte potenzialità ma altrettanti rischi, è un bambino che è potenzialmente sottoposto al pericolo di abusi», aveva spiegato Valerio Neri, direttore Generale di Save the Children Italia.
Lo confermano i continui episodi di cronaca e i numeri mostrati dall’organizzazione: il 32% dei teenager offre il suo numero di cellulare a sconosciuti on-line, rischiando poi di essere adescato per incontri con i loro potenziali molestatori. Il 10,5% dei ragazzi tra i 12 e i 13 anni si dà appuntamento con una persona incontrata in rete, mentre la percentuale cresce fino al 31% nella fascia d’età tra i 16 e i 17 anni. Senza dimenticare come il 6,5% dei primi e 16% dei secondi invii video e immagini di sé nudi. Percentuali pesanti anche per quanto riguarda l’età delle vittime di abusi on line: secondo i dati allora svelati da “Save the Children” nel 78% dei casi hanno meno di 12 anni, nel 4% meno di 3-4 anni.
Alberto Sofia