Era di notte, aggredite dal crollo
esplosero le acque verso l’alto a strappare le case di Erto e Casso
dai pendii a meridione e poi di nuovo in giù, acque su acque,
oltre la muraglia-sgabello a sradicare a valle Longarone,
lago, fiume e tempesta di Vajont, duemila nostri spenti.
Ascolta il tutto del sangue quando l’amore stringe:
moltiplicalo per il quadrato delle stelle fisse,
per il grido del capretto sgozzato ogni Pasquanatale,
per la sega del fulmine e il piccone del tuono,
aggiungilo agli schianti del bosco cancellato,
larici, abeti, càrpini, betulle, cervi, gufi, lepri, martore,
uova, ali, zampe, artigli stritolati: e poi dividi
per il silenzio di un minuto dopo. Non giocare con l’acqua,
non chiuderla, frenarla, è lei che scherza
dentro grondaie, turbine, ponti, risaie, mulini e vasche di saline.
È alleata col cielo e il sottosuolo,
ha catapulte, macchine d’assedio, ha la pazienza e il tempo:
passerai pure tu, specie di viceré del mondo,
bipede senza ali, spaventato a morte dalla morte
fino a metterle fretta.
da Opera sul’acqua e altre poesie