Maschile/Femminile
31 01 2013
Metropolitana milanese. Mamma e figlio cinesi, lui sui dieci anni con borsone da calcio, lei di una pallosità materna senza confini: “Allola mi laccomando, poi asciuga bene capelli se no plendi laffleddole, e sotto metti la maglia (giuro, parlava così, ndr) e poi dimmi a che ola tolni, no come l’altla volta che hai detto sette e sei allivato a otto…”. “E basta ma’! E mollami!” la stoppa lui. “E che strèss! Se ti ho detto le sètte vuole dire le sètte”, con una “e” che più aperta non si può. Una “e” della Bovisa, del Giambellino, di Quarto Oggiaro (vorrei farvela sentire: un’autentica meraviglia!). Una “e” del Ticinese, di Lambrate, di Gorla, in bocca a quel piccoletto con gli occhi monopalpebra.
L’essenza della milanesità –da sempre- è il meticciato. Il vero milanese è una creatura stralunata e scissa, le radici che pescano a centinaia di chilometri –quasi sempre più a Sud: terroni-, una creatura aggrappata alla città come una patella, attaccamento che si esprime in un fantastico e innamorato slang incapace di dieresi, di “ö”e figuriamoci di “ü” (che diventa “ju”). Il pugliastro dei baby boomers, avete presente? Un’intera generazione di figli di barlettesi, tranesi, baresi e brindisini che ha dato volto e voce a vari decenni di Milano: Celentano, Mazzarella, Jannacci, Abatantuono, Teocoli. Più milanesi del panettone.
Tocca a questi altri, adesso, pazzi di Milano: ragazze filippine (“…ma sei fuoori?”), “pinella” peruviani, piscinine del Senegal che ci riempiono di allegria e vitalità. Seconda generazione, ma è già in arrivo una terza. Più o meno un neonato milanese su tre è figlio di gente che viene da lontano. Il 20-30 per cento degli alunni è di etnia extra e di lingua madre italiana. Ma questi ragazzi hanno un problema in più. In base allo ius sanguinis (italiano chi è figlio di italiani) e alla pessima legge Bossi-Fini sull’immigrazione, solo a 18 anni potranno fare domanda per accedere alla cittadinanza, e con una procedura piuttosto complicata. Un’ingiustizia profonda che potrà essere sanata solo cambiando la norma nazionale. Ma l’amica consigliera comunale del Pd Paola Bocci ha proposto di anticipare gli effetti della riforma con un conferimento di cittadinanza onoraria.
E ce l’ha fatta! Ieri il Consiglio Comunale milanese si è impegnato a conferire con una cerimonia pubblica un attestato di riconoscimento simbolico di cittadinanza italiana ai bambini nati a Milano da genitori stranieri. Dice Paola: “Anche se questo non cambia lo status giuridico, afferma con forza la volontà di vedere i bambini e i ragazzi come tutti uguali, riconoscendoli come risorsa preziosa e insostituibile della Milano di adesso e di quella che verrà. C’è urgenza di cambiare una legge anacronistica… questi bambini si sentono italiani, frequentano o hanno frequentato le nostre scuole, conoscono bene la nostra lingua e sentono come loro questa città… Mi auguro che l’impegno preso oggi sia un monito per chi andà a governare il Paese, perché si impegni da subito a cambiare la legislazione vigente”.
Mi metterò un cappellino, andrò alla cerimonia, piangerò come una fontana.
p.s. Altre città: copiateci!
Corriere della Sera
29 01 2013
Cristian nuota bene, gioca a calcetto e con i suoi tempi ha preso anche la licenza media, ora è in seconda superiore. È nato e cresciuto a Roma, 18 anni compiuti il 25 novembre, dunque è maggiorenne. Eppure non può diventare cittadino italiano, perché ha la sindrome di Down. Com’è possibile? “La prima volta me l’hanno spiegato all’anagrafe in maniera brusca – racconta Gloria Ramos, mamma di Cristian – ‘Non si faccia illusioni’, mi ha detto sgarbata una signora allo sportello, ‘non lo stabilisco io, ma la legge’. Mi ha tagliato le gambe: ho cresciuto da sola questo ragazzo convinta che a 18 anni avrebbe preso un documento, un’identità. In Colombia, il mio Paese d’origine, non sanno neanche che è nato, in Italia non lo vogliono. Che ne sarà di lui?”.
Alla signora Ramos l’hanno comunicato a voce, una seconda volta anche in prefettura: “C’è un buco legale, hanno ammesso”. I ragazzi come suo figlio, le hanno spiegato, sono considerati incapaci di prestare giuramento, passaggio finale e indispensabile per diventare italiano. E gli unici che hanno accettato di occuparsi del caso sono gli operatori del “Telefono D” dell’Associazione italiana persone Down.
Pensare che Cristian sarebbe stato italiano se il padre l’avesse riconosciuto: “Ma quando ha saputo che era malato m’ha detto, in romanesco, che ti tieni a fa sta croce, mettilo in istituto… Io mi sono dedicata ancora di più a mio figlio. Fa sport, suona, è diventato un ragazzo socievole, aperto, presente, conosce la differenza tra il buono e il cattivo. Ma non può prendere la cittadinanza… “.
L’ha spiegato bene a una mamma albanese con lo stesso problema di Gloria l’esperto legale del portale Stranieri in Italia: “L’incapacità legata ad un qualsiasi tipo di patologia mentale che limita la capacità di intendere e di volere fa sì che lo straniero non sia idoneo ad accedere alla cittadinanza poichè non può essere considerato capace di manifestare autonomamente la propria volontà e desiderio di diventare cittadino italiano”.
Sembra incredibile, eppure l’avvocato Gaetano De Luca, legale della Lega per i diritti delle persone con disabilità (Ledha), lo legge in un decreto del ministero dell’Interno datato maggio 2011 in cui si respinge la richiesta di cittadinanza di un disabile: “…la condizione di incapacità di intendere e di volere di un soggetto comporta l’inidoneità dello stesso a formulare una consapevole manifestazione di volontà diretta all’acquisto della cittadinanza”. Ricorso al Tar, in attesa di risposta: “E’ profondamente ingiusto – dice -. Ed è anche contro la legge. L’Italia ha ratificato la Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità che all’articolo 18 stabilisce: il diritto alla cittadinanza non può essere negato per motivi legati alla disabilità”.
Dal Viminale fanno sapere che la questione è arrivata fino al ministro Anna Maria Cancellieri, che è rimasta molto colpita da queste storie e ha promesso di approfondirle per trovare una soluzione.
Ansa
18 01 2013
STRASBURGO - Tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa devono garantire la cittadinanza ai bambini che nascono sul loro territorio se questi rischiano di divenire apolidi. A chiederlo e' il Commissario dei diritti umani dell'organizzazione paneuropea, Nils Muiznieks, che inserisce l'Italia tra i paesi membri con il piu' alto numero di apolidi.
In Italia si tratta di circa 15 mila Rom arrivati dall'ex Iugoslavia. ''Quello delle persone apolidi e' un fenomeno che non sta scomparendo, ma e' una condizione che viene trasmessa di generazione in generazione'' osserva il Commissario che sottolinea come nel caso dei bambini l'essere apolidi li esponga a un rischio maggiore di gravi violazioni dei diritti come il traffico di esseri umani, sfruttamento sessuale e adozioni illegali.
Per questo Muiznieks, ricordando che tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa hanno ratificato la Convenzione sui diritti del bambino delle Nazioni Unite che stabilisce che tutti i bambini hanno diritto alla cittadinanza, chiede ai governi di agire in tal senso, per esempio riconoscendola automaticamente a quelli nati sul loro territorio.
Frontiere news
17 01 2013