Il Grande Colibrì
16 09 2015
L'associazione queer Boys of Bangladesh [ilgrandecolibri.com] ha presentato al British Council di Dhaka il primo fumetto a tematica lesbica del paese: "Dhee" (saggezza) affronta i pregiudizi che circondano la sessualità femminile, il corpo ed il ruolo delle donne [dhakatribune.com]. Anche l'India del sud festeggia una sua prima storia lesbica, anche se in questo caso parliamo di cinema: domani uscirà nelle sale dell'India meridionale il film "141", per la regia di Bhavaji. Finalmente. Perché, dopo un braccio di ferro durato due anni (il film era pronto già nel 2013), solo ora l'ufficio per la censura ha permesso la proiezione del film, anche se ha vietato di pubblicizzarlo, nonostante non vi siano scene "esplicite" [indiatoday.intoday.in]. Ma in India si discute anche della serie di fotografie "Coming out" del fotografo indiano Arjun Kamath, con al centro una storia d'amore tra donne dal finale tragico [facebook.com].
Sono passi piccoli, ma importanti per rompere la cappa di silenzio che avvolge l'omosessualità femminile in tutto il subcontinente indiano. E, per quanto riguarda gli uomini gay, le cose non vanno molto meglio. "La disinformazione è troppa, il pregiudizio è troppo e, unendosi a problemi legati a povertà, religione e genere, forma un problema unico in India" sostiene il comico statunitense di origini indiane Nik Dodan, che pure in India non ha mai messo piede [pinknews.co.uk]. E la legge non aiuta: nel 2009 l'Alta corte di Delhi, presieduta dal giudice A.P. Shah, aveva dichiarato incostituzionale la sezione 377, eredità della colonizzazione britannica, che criminalizza l'omosessualità, ma in seguito la Corte suprema indiana, sotto la pressione delle comunità religiose, ha reintrodotto il reato [ilgrandecolibri.com]. Si è trattato di un grande errore, dice Shah [timesofindia.indiatimes.com].
E che dire delle hijra, le "transgender" indiane? Nonostante notevoli passi avanti, la loro situazione resta sempre molto difficile [ilgrandecolibri.com]. Banu, studentessa trans di ingegneria di Chennai, risponde così: "Ho chiesto assistenza finanziaria al governo per vivere con dignità. Non voglio fare la carità o le altre attività che la società associa tradizionalmente alle donne trans. Non ottengo lavori part-time perché sono trans e non posso pagare i miei studi. Le autorità non vogliono prendere iniziative per offrirci fonti di sostentamento alternative". Lei e altre donne trans hanno allora avanzato una richiesta shock al governo: "Dateci l'eutanasia" [thehindu.com]. Anche altre attiviste lamentano il fatto che i miglioramenti previsti sulla carta non hanno prodotto molti effetti sulla vita delle hijra [thetypewriter.org]
L'anno scorso, ad aprile, è stata approvata un'importante legge sui diritti delle persone transgender, che dovrebbe assicurare inclusione sociale ed economica, incentivi alle assunzioni, assegni di disoccupazione, servizi sociali, oltre a proibire la discriminazione basata sull'identità di genere e a istituire una linea amica per raccogliere le denunce. Ma purtroppo a maggio ha vinto le elezioni il candidato di destra, Narendra Modi: sotto la sua presidenza, il percorso di emancipazione delle hijra ha subito una brusca frenata, distruggendo il sogno di un futuro migliore. Eppure qualche segnale positivo continua ad esserci: ad esempio, nel Tamil Nadu, a sud, i giudici hanno imposto alla polizia di accettare la candidatura di una ragazza trans, K Prathika Yashini [indiatimes.com].
Un altro segno di speranza arriva dalla partecipazione di un gruppo di hijra pakistane alla tradizionale festa di Bhujaria: un colorato corteo di donne transgender ha percorso, tra canti e danze, le strade di Bhopal, in India centrale [catchnews.com]. Ma non è stata l'unica parata variopinta del subcontinente indiano: a Kathmandu, capitale del Nepal, centinaia di persone hanno celebrato il Pride chiedendo l'introduzione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. Il Nepal nel 2007 ha cancellato il reato di omosessualità e ha riconosciuto l'esistenza del "terzo sesso" (quello in cui si identificano le hijra della regione). Ora si chiede che i diritti delle minoranze sessuali siano introdotti nella nuova costituzione che si sta redigendo proprio in questi mesi [bbc.com]. Sarebbe un ottimo esempio anche per gli stati vicini...
Pier
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La Stampa
10 09 2015
Quando ha visto quell’elefante alla catena, Samar Khan aveva due scelte: continuare la sua visita nello zoo o fare qualcosa. Lui ha deciso di non voltarsi dall’altra parte e cambiare il destino di quel pachiderma umiliato dalla crudeltà umana.
«Ero stupito e triste di vedere quell’elefante in piedi, sempre fermo in un unico posto per tutto il tempo. Sono rimasto lì per quasi 45 minuti, ma lui non si è mai mosso, con le zampe incatenate - racconta Khan dopo aver visitato uno zoo in Pakistan -. Muoveva la testa da sinistra a destra in modo continuo e non l’ha mai fermata. La prima cosa che ho pensato e che fosse stato drogato... era uno spettacolo pietoso».
Quell’elefante si chiama Kaavan ed era stato inviato allo zoo dal Bangladesh tre decenni prima, quando era solo un cucciolo. Da allora, ha trascorso gran parte della sua vita incatenato in un recinto, sempre solo, mostrando chiari segni di problemi psicologici.
Ogni anno lo zoo attira circa un milione di visitatori, molti dei quali probabilmente passano di fronte al recinto di Kaavan, ma nessuno ha fatto qualcosa. Nessuno tranne Samar Khan. Una volta tornato nella sua casa in California, l’uomo ha lanciato una petizione su Change.org diffondendo sul web quello che aveva visto e chiedendo a tutti di contribuire a regalare una vita migliore per Kaavan. La risposta è stata travolgente: nel giro di pochi giorni, più di 30mila persone, da ogni parte del mondo, hanno firmato la petizione.
Così la voce di Khan non era più la sola a protestare, non era facile ignorarla: Capital Development Authority, l’ente governativo di Islamabad deputato alla supervisione dello zoo, ha deciso di liberare Kaavan dalle sue catene e ha ordinato ai gestori dello zoo di rispettare gli standard internazionali di tutela degli animali in cattività.
La battaglia però non è finita: Khan vuole che Kaavan venga definitivamente liberato in un santuario che gli permetta di vivere sereno. Per questo ha attivato una nuova petizione che quasi 40mila persone hanno firmato. Tutti voglio vedere Kaavan libero.
twitter@fulviocerutti