Circolo Mario Mieli
26 02 2015
In Italiano esistono tantissime parole, molte di origine dialettale, per offendere un omosessuale maschio. Per le donne omosessuali, invece, basta dire lesbica. Ciò accade perché, nel nostro paese, l’immaginario legato alle donne che amano altre donne è del tutto distorto, oppure assente. Le lesbiche possono essere creature o molto brutte e molto mascoline (quindi non desiderabili dagli uomini), oppure le protagoniste di tantissimi film porno, dove – ovviamente – arriva il maschio di turno a insegnare loro cos’è davvero il sesso (quindi, lesbiche a tempo determinato).
E in questo triste scenario, fatto di stereotipi e di distorsione della realtà, una giovane fotografa torinese Martina Marongiu ha realizzato “Lesbica non è un insulto”. Si tratta di 12 scatti in cui i corpi delle modelle diventano una tela dove vengono scritte le risposte a quelle frasi che ogni lesbica si sente tatuare addosso nel momento in cui scopre il proprio orientamento sessuale. «In questo modo, i corpi diventano degli strumenti per lanciare un messaggio semplice e diretto», ci ha spiegato Martina Marongiu.
Il lavoro è nato dal confronto con le ragazze che hanno posato, Fabiana Lassandro, Dunja Lavecchia, Letizia Salerno, Morena Terranova, «abbiamo scelto le frasi insieme. E la domanda di partenza era “qual è il pregiudizio che ti senti più addosso?”». E così sono nate alcune delle scritte sui corpi delle modelle: “Non tutte le lesbiche hanno i capelli corti”, “Con lei tocco il cielo con due dita”, “Non cercare chi fa l’uomo”, “Amo le donne non odio gli uomini”, “Sono lesbica e non è una fase”, “Non ostento, esisto”.
Il progetto, nato nel 2013, è stato finora portato in giro soprattutto nel Nord Italia, in diversi contesti, sia LGBT che non. Uno dei più importanti è stato Paratissima, mostra di arte contemporanea torinese, con più di 600 espositori, dove Lesbica non è un insulto si è classificato tra i primi 15. «Ad ogni esposizione lasciamo il libretto dei commenti, dove chi vuole può esprimere il proprio parere. E alcuni sono incredibili, oltre a chi ci sostiene, ci sono persone che criticano i riferimenti al sesso, del tipo, “la storia delle due dita ve la potevate evitare”, “volete comunicare o sedurre?”, oppure, e spesso sono gli uomini, chi considera le foto troppo“provocanti”».
In effetti, i corpi rappresentati in Lesbica non è un insulto non sono né asessuati, né asettici, «la mia intenzione era realizzare delle belle immagini, non immagini mediocri o immagini bruttine. Tutte e cinque le modelle hanno banalmente un bel fisico, e sono così, non le ho neanche modificate con Photoshop».
Quest’inverno è partito il crowdfounding per il progetto, che si è chiuso pochi giorni fa con successo, «molte associazioni ci avevano chiesto di portare le foto in giro per l’Italia – ha spiegato Martina Marongiu – ma spesso era difficile avere un rimborso spese. Così, con i soldi del crowdfounding, possiamo partire in tour, prima tappa a marzo, a Torino, circolo Mourice, poi Genova, Reggio Emilia, e in Toscana. Inoltre vogliamo ristampare le foto».
Lesbica non è un insulto, però, non si ferma qui. «Grazie al NoStrano Festival – ci ha raccontato Martina Marongiu – abbiamo conosciuto le Badhole. E le prossime modelle saranno proprio loro». E allora non ci resta che aspettare per vedere il risultato di quest’incontro con le autrici e registe di Re(l)azioni a catena, che di sicuro sarà molto, molto interessante.
Potete trovare Lesbica non è un insulto su Facebook, Instagram e sito web.
Corriere della Sera
28 09 2013
Non si può costringere una donna eterosessuale a innamorarsi di una donna, perché non riesce, il suo cuore batterà per un uomo e il suo desiderio sarà orientato verso di lui
di Francesca*
Un altro genere di comunicazione
17 09 2013
Anche quest’anno, a Bologna, nei prossimi giorni (dal 18 al 22 settembre) si svolgerà “Some prefer cake”, un festival di film davvero interessante, giunto alla sua settima edizione che porta avanti e rende visibile la cultura lesbica.
Festival cinema lesbico a Bologna
L’edizione di quest’anno del festival approfondisce il tema dei crimini d’odio verso le lesbiche nere sudafricane. Le lesbiche, i gay, le persone transessuali, insomma tutt* coloro che non si uniformano al modello “vincente” di maschio bianco e eterosessuale, sono scomod* nel momento in cui si vedono, in cui producono cultura. Ebbene, evviva la scomodità, allora! E che si produca tanta cultura, che essa sia ben visibile!
Il festival allarga lo sguardo anche alle tematiche di genere. Lo scorso anno Zanele Muholi (attivista sudafricana) ha portato all’attenzione degli intervenuti al Festival, le violenze inferte alle lesbiche nere del Sudafrica che subiscono, da parte dei loro uomini, degli stupri “correttivi” e vengono fatte, in questo modo, oggetto di violenza, in quanto donne ed in quanto lesbiche. E’ in questo contesto (e a queste donne è dedicata), che il giorno 22, al mattino, presso la Sala Berti del Cinema Nosabella, si svolgerà la tavola rotonda: “Emergenza, raptus e delitto passionale”, organizzata da Fuoricampo e Comunicattive, alla quale parteciperanno alcune personalità appartenenti a realtà attive in rete e sul territorio nei campi di interesse delle tematiche di genere e della lotta all’omofobia.
Grazie all’attivismo di queste persone nella nostra società si stanno diffondendo alcuni termini (come “femminicidio”), si sta iniziando a fare informazione, cultura “di genere”, si sta facendo sensibilizzazione.
Purtroppo le informazioni al grande pubblico sono ancora veicolate dai mass media tradizionali, con la TV in testa e le notizie che riguardano questi temi vengono trattate e manipolate in modo da stravolgere quelli che sono i fatti.
Molto spesso abbiamo evidenziato nel nostro lavoro, come la terminologia e le immagini scelte per illustrare i casi di violenza contro le donne siamo improntate alla morbosità, al voyeurismo, al ridurre i femminicidi e gli stupri a “raptus” a “momenti di follia”, ad “attimi di passione”. Tutto questo contribuisce a rinforzare la cultura patriarcale (e anche il razzismo, in molti casi, quando si preme sulla nazionalità di colui che agisce violenza, o quando si riduce la vittima, come nel caso, recentissimo, di Marilia Rodrigues, ad essere “la Brasiliana”), orientando in modo distorto le opinioni della gente.
Lesbofobia e violenza di genere sono strettamente intrecciate e questa tavola rotonda ha lo scopo di studiare strategie comunicative comuni, affinché l’informazione su questi temi sia sempre più un’informazione corretta e non presentata in un’ottica “giustificatoria” del colpevole.
Liberiamoci, insomma, nell’informare, dello sguardo “patriarcale”!
Ci saremo anche noi di Un Altro Genere di Comunicazione col nostro video “La violenza sulle donne raccontata dai media”
Qui il programma completo del festival.