Vite da streghe
30 01 2013
Vi ricordate il video documentario "Ma il cielo è sempre più blu"? La video inchiesta realizzata in una scuola elementare della provincia di Lucca sugli stereotipi di genere realizzata dalla videomaker e blogger Alessandra Ghimenti si è recentemente arricchita di una seconda parte, realizzata questa volta in una scuola del centro di Milano. Su Vita da streghe, a suo tempo, ne avevamo parlato qui.
Devo dire che a un primo sguardo del nuovo trailer sono rimasta felicemente colpita, ma preferisco lasciare la parola ad Alessandra, che abbiamo re-intervistato a distanza di quasi due anni.
Blog: Ciao Alessandra, ci ritroviamo su questo blog a distanza di un anno e mezzo dalla tua prima intervista. Cosa è cambiato nel frattempo dopo la realizzazione del tuo primo documentario?
Alessandra: Mi sono allungati i capelli! Nelle prossime scuole i bambini si sentiranno potenzialmente liberi di dire che le femmine hanno i capelli lunghi e i maschi corti... A parte gli scherzi, credo che il mio aspetto per forza di cose influenzi un po' le risposte. Molti bambini e bambine cominciano dicendo che "i maschi hanno i capelli corti e le femmine lunghi" e poi correggono il tiro. Per dire quanto possiamo sgretolare gli stereotipi anche solo con la nostra immagine.
A parte questo, credo che le pari opportunità siano un argomento che ora va molto di moda, e seppure spesso non sia sufficientemente approfondito, e si sentano troppo spesso in giro femministi di comodo fondati su analisi approssimative volte alle campagne elettorali e affini. Comunque sia se ne parla molto di più, e inevitabilmente questo produce un cambio sulla sensibilità, gli argomenti "femministi" stanno penetrando anche in quelle aree dove le lotte femministe precedenti non avevano attecchito.
Blog: La seconda parte del documentario, a differenza della prima girata in una provincia della Toscana, è stata realizzata in una scuola in centro a Milano. Una scelta casuale o voluta?
Alessandra: Entrambe le cose. Era mia intenzione proseguire l'inchiesta indagando altri contesti geografici. Milano è la città in cui vivo, ho sempre percepito un'atmosfera molto diversa, più emancipata, ci sono idee molto più progressiste, il tessuto sociale è diverso. Immaginavo che nella città, nel centro soprattutto, ci fosse una situazione diversa ed ero curiosa di esplorarla. Grazie a Barbara Mapelli e al progetto "imPARIaSCUOLA ho trovato la scuola primaria che mi ha permesso di intervistare il campione di bambini e bambine, e così è successo tutto.
Blog: Che cosa è cambiato dal primo documentario al secondo?
Alessandra: Le risposte dei bambini e della bambine riflettono il contesto diverso. Milano è una città che offre molto dal punto di vista professionale e non solo. Il centro poi ha un benessere diffuso. I bambini a casa vedono entrambi i genitori che lavorano, che spesso hanno professioni qualificate, e questo influenza le loro ambizioni, le proiezioni di sé stessi.
Nella scuola poi si lavora sull'educazione al genere e anche questo si percepisce nelle risposte.
Certe emancipazioni che a Milano sono considerate normali e doverose, nella provincia da cui provengo sono ancora fantascienza. Nel mio paesino natale è abbastanza normale pensare che la cura sia un compito che spetta "biologicamente" alla donna, e che di conseguenza il lavoro femminile, quando non c'è una necessità economica, si può evitare. Così com'è normale pensare che la donna sia il sesso debole, che va protetto perché da sola non può provvedere a sé stessa.
La presunta superiorità fisica maschile diventa importante quando non si riesce a concepire una relazione fuori dall'aggressività o dalla sopraffazione. Ma perché io devo andare in giro pensando che chiunque potrebbe aggredirmi o abusare di me, anche sul posto di lavoro? Non è possibile impostare dei rapporti sul rispetto reciproco fondato sulle capacità professionali o sulle doti interiori? La donna da proteggere è anche la donna da aggredire...
Finché non si cambia il modo di concepire la donna, e il corpo della donna, ci troveremo sempre ad affrontare questi problemi da cavernicoli. Se un bambino dice che "I maschi possono fare tutto, le femmine no", è perché questo è quello che si respira nella provincia. Le famiglie, o la scuola che vogliono lavorare contro gli stereotipi di genere spesso si trovano soli a combattere contro un muro di gomma.
Non dico che Milano sia la perfezione, certamente però è un'oasi felice, molto evoluta su questi punti. Lì, tutti, giovani, anziani, senza nemmeno eccessiva distinzione di credo politico, condividono un'idea di donna abbastanza emancipata, affrancata dalla casalinghitudine, e da molti altri stereotipi. Un'immagine che fuori dal capoluogo lombardo è spesso un'utopia.
Spero che questo lavoro apra gli occhi. Ai milanesi per fargli capire che la realtà italiana non è tutta rosa e fiori, e ai miei compaesani (dico "miei compaesani" perché gli altri intervistati per ora sono solo di Altopascio, ma intendo chiunque viva in un contesto simile. ) per fargli capire che i luoghi comuni che c'incatenano si possono abbattere, e vivere bene, anzi meglio, lo stesso!
Blog: Personalmente, che conclusioni potresti trarre da questo doppio lavoro?
Alessandra: Mi limito a dire quali sono le mie osservazioni empiriche, l'idea che mi sono fatta, non voglio dare interpretazioni sociologiche, perché non è il mio mestiere. L'esempio milanese è una grande speranza, vuol dire che si può fornire uno sguardo diverso sulle differenze uomo/donna. Credo che in Italia ci sia molto, molto da fare.
Blog: Come e quando è possibile vedere e/o proiettare il tuo nuovo documentario?
Alessandra: Per vedere il documentario basta contattarmi ed organizzare una proiezione. Mi piacerebbe molto portarlo nelle scuole, portare agli occhi di tutti queste fotografie di realtà. Potete contattarmi tramite il mio blog: http://mailcieloesemprepiublu.wordpress.com/contatti-2/ o attraverso Facebook: Alessandra Ghimenti.
Sto facendo un dvd che racchiude i due capitoli dell'inchiesta "Ma il cielo è sempre più blu", appena avrò finito le scartoffie burocratiche si potrà acquistare tramite il blog.
Blog: Progetti per il futuro? Continuerai questo lavoro di documentazione sugli stereotipi?
Alessandra: Questo è solo l'inizio! Voglio continuare a girare l'Italia ponendo le stesse domande in altre scuole. Sto cercando scuole alla periferia di Milano, e poi ancora scuole nelle città e nei paesi del centro e del sud italia!
Blog: Grazie per l'intervista, Alessandra, e per il tuo importantissimo lavoro!
Alessandra: Grazie a te!!! E al tuo lavoro capillare!
Il Fatto Quotidiano
29 01 2013
Preservativi a scuola, la Provincia di Milano dice sì, ma i presidi chiudono la porta. La giunta di centrodestra, capeggiata da Guido Podestà, a sorpresa, ha dato via libera a una mozione dell’opposizione sulla diffusione di distributori automatici a prezzi calmierati negli istituti superiori del milanese. Ma l’invito viene subito rispedito al mittente dai direttori scolastici e anche dalle associzioni dei genitori. Inevitabile, scoppia la polemica.
La mozione, presentata a inizio dicembre in occasione della Giornata Mondiale contro l’Aids, è stata approvata un mese dopo con 20 voti favorevoli, 7 contrari e 5 astenuti. In sé rappresenterebbe un piccolo salto di qualità rispetto a un decennio di sperimentazioni in singole città e scuole. Impegna infatti l’amministrazione a siglare un accordo diretto con i produttori al fine di installare un dispenser in ciascuno dei 150 istituti della provincia. Il che, almeno in teoria, significa sdoganare in modo definitivo, centralmente, una possibilità da sempre rimessa all’iniziativa e alla sensibilità dei presidi. E quindi, nei fatti, ben poco praticata.
In realtà anche stavolta sarà molto difficile marcare una svolta, anche se il segnale di adesione bipartisan è forte. Ci vorranno infatti mesi per scrivere gli atti deliberativi conseguenti e a farlo è chiamata un’amministrazione ormai in scadenza. Anche questo può aver indotto qualcuno, tra le fila del Pdl, a buttare il cuore oltre l’ostacolo e votare a favore. La stessa scrittura del testo, ad esempio, è stata il frutto di una lunga mediazione con accoglimento di numerosi emendamenti utili a ottenere il consenso trasversale e superare le distanze. Quello originale, infatti, individuava il preservativo come “lo strumento” per eccellenza nel contrasto all’Aids. La versione definitiva invece lo rimette “tra gli strumenti”. Ritocchi, perché quello che conta, alla fine, è il testo che dice chiaramente che la provincia è favorevole ai condom a scuola, tanto da proporsi come soggetto promotore di contratti di servizio per l’installazione dei distributori e la calmierazione dei prezzi.
Vittoria? No, perché il consenso quasi unanime in aula si scontra con le resistenze fuori da via Vivaio, nella società e nelle scuole, dove si è subito levato il muro di gomma. Prima ancora che l’atto venisse messo ai voti, il Pd aveva tentato un dialogo con alcuni presidi di storici licei milanesi. E l’esito non è stato dei più felici. Il Berchet e il Parini, saldamente in quota Comunione e liberazione, hanno declinato l’invito al dialogo e rimandato al mittente la proposta.
Ma anche tra gli insegnanti c’è chi è convinto che il punto non sia rendere disponibili strumenti di prevenzione a prezzi accessibili quanto fare educazione. E’ la convinzione, ad esempio, di Mario Rosconi, per 27 anni preside del Liceo Newton di Roma e vicepresidente dell’Associazione Presidi e Direttori didattici (Anp). “I ragazzi non ci chiedono quello e infatti le esperienze sono molto limitate. Ci ha provato il liceo Tasso e ora il Keplero ma la convinzione generale dei docenti è che il problema non sia rendere accessibile lo strumento per il consumo di sesso sicuro quanto la consapevolezza con i corsi che nelle scuole si fanno, anche le più cattoliche. Mettere la macchinetta sarebbe solo un palliativo”.
Di traverso si è messa anche l’associazione dei genitori cattolici. L’Age, appresa la notizia, ha inviato all’assessore provinciale all’istruzione, Marina Lazzati (Lega), una nota durissima che denuncia “il pericolo che la lotta all’Aids sia in questo momento ridotta a espediente tecnico per evitare il peggio, inducendo nei ragazzi, nei docenti e nei genitori atteggiamenti deresponsabilizzati e ponendo i ragazzi in situazioni ambigue di imbarazzo e di disagio”. In altre parole il preservativo a scuola a prezzi ridotti non sarebbe un’operazione di salute pubblica e di acculturazione dei comportamenti sessuali ma una sorta di incentivo a fornicare. Tanto che l’Age chiede che siano i consigli di istituto a decidere su questa ipotesi, e che comunque le scuole dichiarino al momento delle iscrizioni che cosa intendono fare. Come a dire, insomma, che i genitori cattolici eviteranno di iscrivere i figli negli istituti dove venisse installato un distributore di profilattici.
A fronte di tante ragioni l’assessore Lazzati ha voluto rabbonire i genitori in allerta: “Condivido le vostre preoccupazioni,tanto che avevo inviato una nota al consiglio in cui precisavo che le scelte educative sono di competenza delle autonomie scolastiche”. Non sarà facile dunque attuare la mozione del consiglio. Chi l’ha proposta però non demorde: “E’ chiaro che la nostra mozione non si traduce in una imposizione e che i presidi potranno decidere autonomamente”, spiega Roberto Caputo vicecapogruppo del Pd in via Vivaio. “E tuttavia è un segnale importante che la mozione sia passata con un voto trasversale e le defezioni si siano ridotte a sette. Del resto il tema è uscito dal dibattito ma nel 2012 in Italia le morti per Aids sono aumentate soprattutto tra i giovani e l’uso del preservativo è diminuito. E’ chiaro che bisogna ripartire da una cultura dei comportamenti ma se poi un giovane si ritrova impossibilitato a comprare i preservativi sono solo belle parole”.
Ma quanti distributori ci sono in Italia? Dopo infinite polemiche si contano sulle dita di una mano. La Lega Italiana Lotta contro l’Aids si scontra da sempre con questo tema. “Abbiamo mandato centinaia di progetti a scuole di tutta Italia – spiega Massimo Oldrini del coordinamento milanese e nazionale Lila – ma alla fine quelle che hanno aderito si contano sulle dita di una mano. La cosa più sconvolgente è che non ci sono distributori neppure nelle università, a differenza di quanto avviene in tutta Europa. La verità è che in Italia i giovani hanno solo la farmacia e il supermercato, a un euro e 20% di Iva. Non si fa così prevenzione”. E dire che dall’altra parte ci sarebbe anche interesse. I distributori non si farebbero molti patemi. Stefano Fanti, direttore generale del Gruppo Argenta, forse il più grosso distributore di macchinette automatiche ammette: “Non ci è mai arrivata una richiesta in tal senso anche se distribuiamo preservativi nei canali out door. Certo penso che sarebbe un’ottima iniziativa per sensibilizzare i nostri ragazzi alla prevenzione. Se ci arrivassero richieste in tal senso saremmo ben felici di supportare le scuole”.
Giulia globalist
20 12 2012