Il Manifesto
03 06 2015
La cittadinanza egiziana in cambio della vita: è questa la sorte incredibile che è toccata all’attivista 26enne, Mohammed Sultan. Ormai dato per spacciato dopo una maratona senza precedenti (il giovane è sopravvissuto ad oltre quattrocento giorni di sciopero della fame in carcere), Sultan ha scelto di continuare a vivere.
Il giovane è stato rilasciato lo scorso sabato ed immediatamente espulso dall’Egitto. Sultan avrebbe rinunciato al passaporto egiziano in cambio dell’espulsione negli Stati uniti, paese di cui detiene la cittadinanza, dove è arrivato ieri. Qui verrà sottoposto ad una serie di cure mediche.
Sultan era stato arrestato nella retata contro la Fratellanza musulmana seguente al massacro di Rabaa al-Adaweya dell’agosto 2013 ma si era sempre rifiutato di ammettere la sua affiliazione al movimento. Quando le sue condizioni di salute si sono deteriorate ha lanciato un appello al presidente degli Stati uniti Barack Obama affinché facesse pressioni per la sua liberazione. Le sue immagini in barella e privo di conoscenza avevano fatto il giro del mondo. Una sorte simile era toccata al giornalista di al-Jazeera Peter Greste, liberato e immediatamente espulso in Australia, dopo mesi di carcere.
Resta in prigione invece l’attivista comunista Mahiennour el-Massry, condannata a quindici mesi di reclusione insieme ai compagni Youssef Shaban e Loay Mohammed per aver attaccato una stazione di polizia ad Alessandria d’Egitto durante la presidenza di Mohammed Morsi (2012–2013). L’avvocato ed esponente dei Socialisti rivoluzionari è stata trasferita nel carcere di Damanshour dopo il suo arresto. Piccoli assembramenti e flash-mob contro la sentenza definitiva (la Cassazione potrebbe esprimersi a condanna già scontata) si sono svolti al Cairo ed Alessandria. Mahiennour, insignita in Italia di un prestigioso premio per il suo impegno nella difesa dei diritti umani, aveva scontato già una pena di sei mesi per aver violato la legge anti-proteste lo scorso anno.
Infine, è atteso per oggi in Germania il presidente Abdel Fattah al-Sisi per una visita ufficiale dopo mesi in cui le autorità tedesche, a differenza di Italia e Francia, non hanno avuto contatti con il regime golpista egiziano.
Prima della sua partenza, nel quadro del tentativo di rimettere a nuovo il centro storico del Cairo, è stato demolito il simbolo del Partito nazionale democratico, la sede che si affacciava su piazza Tahrir. L’edificio era stato dato alle fiamme negli scontri di piazza delle rivolte del 2011.
La Stampa
28 04 2015
In Egitto i social network si impongono come strumento di comunicazione di massa e ciò porta al debutto anche delle molestie sessuali cibernetiche. Si tratta di un fenomeno che ha soprattutto a vedere con l’invio di foto oscene: quasi sempre i destinatari sono delle donne e può accadere anche che delle donne abbiano le loro foto hackerate, manipolate, diventando oggetto di molestie online.
Il fenomeno ha assunto dimensioni tali che alcuni gruppi di donne, soprattutto giovani, hanno deciso di organizzare una risposta comune. Nasce così la pagina Facebook «Al-Araby al-Marid» (L’arabo malato) nella quale sono le giovani donne a passare al contrattacco, rendendo pubbliche le molestie subite e soprattutto identificando chi le ha inviate.
Ciò significa che attraverso Facebook - ma avviene in forme diverse anche su altri social network - i «molestatori cibernetici» vengono rivelati, consentendo agli utenti di difenderli, escluderli o comunque essere pronti a reagire.
Monica Ibrahim è andata anche oltre, lanciando la HarassMap Initiative ovvero una piattaforma digitale che elenca ogni tipo di molestie online, trasformandole in oggetto di discussione online fra migliaia di persone, nella convinzione che possa diventare - nel medio termine - la migliore forma di deterrenza.
La Repubblica
15 04 2015
I giudici bocciano il ricorso di un libico contro la polizia. "Corrompono la morale". Retate e arresti di omosessuali al Cairo
La polizia egiziana potrà espellere gli stranieri omosessuali e vietare il loro ingresso nel Paese. Lo ha stabilito ieri la Corte amministrativa egiziana, respingendo un ricorso riguardante una decisione del ministero dell'Interno in merito all'espulsione di un cittadino libico omosessuale. Il Tribunale ha riconosciuto legittimo il diritto del ministero di espellere stranieri omosessuali e di impedire il loro ingresso in Egitto.
Una decisione senza precedenti subito riportata ieri pomeriggio dal sito di Al Ahram. "La Corte amministrativa dell'Egitto", precisa il quotidiano più antico del Medio Oriente "ha confermato ciò che ha definito essere il diritto del ministero ad espellere stranieri omosessuali e ad interdire il loro ingresso in Egitto". Il tribunale ha confermato la decisione che nel caso specifico venne presa nel 2008, stabilendo che è stata assunta per preservare l'interesse pubblico e religioso e i valori sociali.
L'omosessualità non è ufficialmente fuorilegge in Egitto, ma le persone accusate di essere gay vengono spesso incriminate in base alle leggi che puniscono la "dissolutezza" o la "corruzione della morale pubblica", in pratica le leggi anti-prostituzione. La decisione della Corte cairota rischia di dare un serio colpo anche all'industria turistica, già in difficoltà per il terrorismo islamico. I resort per stranieri lungo le rive del Mar Rosso sono (erano) tra le mete più ambite per coppie gay e rischiano adesso di perdere una importante quota di clientela. I difensori dei diritti umani in Egitto denunciano una vera e propria campagna governativa contro i gay, arresti e persecuzioni contro gli uomini accusati di omosessualità sono aumentati drammaticamente negli ultimi mesi. Così come la gogna mediatica a cui vengono talvolta sottoposti gli arrestati.
Ha destato scalpore lo scorso dicembre la puntata del programma tv "El Mestakhabi" ("Nascosto") sulla retata anti gay della polizia in un hammam del Cairo, dove sono state arrestate 33 persone con l'accusa di "dissolutezza". Le troupe della rete Al Qahira wal Nas hanno accompagnato il blitz della polizia e gli arrestati sono stati trascinati fuori dal bagno turco in manette e seminudi sotto i riflettori delle telecamere. Ne è nata una forte polemica ma la polizia ha continuato in questi mesi a tenere sotto stretto controllo quel quadrilatero di strade fra la celebre Piazza Tahrir e Piazza Talaat Harb, dove tradizionalmente si ritrova la comunità gay.