il sole 24 ore
12 4 2011
Cristina Battocletti
A dispetto della barba canuta e delle casacche candide con il collo alla coreana, il Tiziano Terzani impersonato da uno splendido Bruno Ganz in La fine è il mio inizio, non ha nulla dell'asceta in aria da santità, pronto a essere incensato acriticamente dallo spettatore. Si dibatte con ira in quel guscio secco fuori controllo che è diventato il suo corpo malato, sa esprimere pensieri dettati dal l'umanità profonda che gli era innata e dall'intelligenza di chi ha provato il possibile con entusiasmo bruciante. Ma resta pur sempre scettico, ironico, laico nel l'eloquio, nel pensiero e causticamente fiorentino.?Per questo il film del tedesco Jo Baier sulla vita dello scrittore – che fu corrispondente di «Der Spiegel» in Asia, seguì la guerra in Vietnam e visse in Cina negli anni della chiusura totale – non è incentrato tanto sull'accettazione della morte; è piuttosto una riflessione sullo slancio umano verso la pace, nelle contraddizioni del desiderio animale e naturale di predominanza del singolo individuo. La fine è il mio inizio, dal titolo del l'omonimo libro uscito postumo, racconta i giorni in cui il figlio Folco raccoglie le memorie del padre, morto a Orsigna, la piccola Himalaya sugli Appennini toscani, nel 2004 all'età di 66 anni. Poco cinematografico, molto parlato, il film di Baier è privo della facile retorica di cui si può ammantare un personaggio del calibro di Terzani, con migliaia di ammiratori in tutto il mondo. Dal giornalismo al perennialismo, da reporter di guerra a reporter di pace, così si definisce il Tiziano che esce dalla sceneggiatura, firmata anche dal figlio Folco, che non nasconde – e per questo rende più veri – i lati oscuri di un pacifista che ha molto pensato al proprio nutrimento intellettuale e alla propria coerenza, confinando i figli Folco e Saskia in scuole pubbliche cinesi in cui li obbligavano a pulire le latrine, facendo ombra alla famiglia con la sua presenza ingombrante.?Certo la morte c'entra, perché è guardando a quella che si capisce la vacuità del nostro sbracciarsi, dell'obbligo di consumare, divertirsi, essere in comunicazione col mondo in profonda solitudine. «La morte è il vero punto d'inizio delle cose. È l'azzeramento da cui si giudica una vita», spiega Terzani-Ganz. La morte compare anche in un'altra pellicola che riflette sulla non violenza: In un mondo migliore di Susanne Bier, vincitore quest'anno del premio Oscar come migliore film straniero. A un ragazzino in procinto di suicidarsi, che si dibatte con rabbia contro la perdita insopportabile della madre, uno dei protagonisti del film dirà: «Quando manca una persona cara il velo tra la vita e la morte si alza: ma è solo per un attimo». Tutto va all'aria, si torna al l'osso delle cose e di fronte alle ingiustizie perpetrate impunemente ci si chiede: fino a che punto è giusto porgere l'altra guancia? ?La non violenza, ha insegnato Gandhi, è in grado di rendere incendiario un popolo che ha vissuto di ordini. Ne analizza il fenomeno in tutte le sue frange fino al Dalai Lama, Domenico Losurdo nel volume La non violenza. Una storia fuori dal mito (Laterza, Bari, pagg. 286, € 22,00). Ne parla con effetti esplosivi anche un libro nella top ten delle vendite da settimane in America, Love wins di Rob Bell, che si è attirato gli strali della chiesa evangelica per il video promozionale in cui l'autore si chiede «Gandhi sarà all'inferno?». Ma se il tema del pacifismo è così rovente significa che trova terreno fertile nel disorientamento diffuso dettato dall'agonismo sensazionalista televisivo e dal continuo crepitare di guerre mediaticamente esposte o silenti ma imperterrite. Come un rumore di fondo costante e insopportabile da cui nasce la necessità di una disobbedienza civile, di un pacifismo sui generis che sfocia nel ritiro testardo dalla rissosità obbligata offerta anche dalla politica. Di un attivismo costruttivo come lo sciopero alla rovescia negli anni Cinquanta dei poverissimi contadini siciliani di Danilo Dolci (quando un film sulla sua vita?). Atteggiamento a cui si accostò anche la filosofa Simone Weil, a cui è dedicato Le stelle inquiete di Emanuela Piovano, troppo presto uscito dalle sale. Forse cinematograficamente acerbo, coglie però la figura della grande pensatrice ebrea, che si era opposta al nazifascismo vivendo ritirata la vita dei più miseri.
il sole 24 ore
3 3 2011
Mariano Maugeri
LAMPEDUSA. Dal nostro inviato?I l libeccio sospinge i migranti verso Lampedusa, il maestrale se li riporta verso nord a bordo degli aerei che fanno la spola senza sosta tra l'isola delle Pelagie e i centri di identificazione sparsi per il Sud Italia. ?La spugna Lampedusa sembrava aver ritrovato il ritmo sperimentato lungo tutto il 2008: si gonfia di tunisini di notte e poi si strizza di giorno. Nelle ultime 24 ore quasi cinquecento migranti erano arrivati e altri 330 avevano lasciato l'isola. Ieri pomeriggio Lampedusa era deserta.?I cinquecento appena sbarcati se ne stavano rintanati nel centro di soccorso e prima accoglienza in attesa di prendere il volo, mentre i lampedusani sembravano riprovare la sensazione di essere ritornati i padroni incontrastati della loro isola. L'insularità ha un legame indissolubile con la solitudine, soprattutto a queste latitudini. Ma è stata un'illusione solo di qualche ora, la quiete (relativa) prima di una tempesta di sbarchi. Ormai ci si aggrappa a ogni mezzo galleggiante pur di allontanarsi dall'inferno maghrebino.?Il peschereccio che l'altra notte ne ha scaricati 347 dondola davanti la banchina riservata alla Guardia di Finanza: è un'imbarcazione perfettamente funzionante, con le reti per la pesca d'altura ben ripiegate a poppa e il gancio della gru perfettamente oliato. Taysir è il suo nome. Gli uomini delle Fiamme Gialle che lo tengono in custodia sono sicuri che sia stato rubato. Al tramonto sono arrivati altri 12 tunisini su una barchetta di una decina di metri. Erano partiti l'altro ieri sera da un porto vicino Sousse, Sud Est della Tunisia. Avevano la faccia pallida, gli occhi gonfi e chiedevano ai due medici che li rifocillavano acqua e pillole contro il mal di testa. Nel pomeriggio 22 migranti sono approdati sull'isolotto di Linosa, altro scoglio incantevole delle Pelagie. Camminavano disorientati per il paese come turisti fuori stagione.?L'avvistamento continua, altri cinquecento potrebbero arrivare a notte fonda. Sono tre le imbarcazioni agganciate dai radar della Guardia Costiera, due delle quali trasportano centinaio di migranti. La somma fa salire a dieci le imbarcazioni individuate nell'arco di un solo giorno, una recrudescenza che rischia di mandare in tilt la macchina ben rodata del Viminale. La spugna Lampedusa si può strizzare con tre, quattro voli al giorno, difficile ipotizzare un ponte aereo che regga a sbarchi continui e massicci di mille migranti nelle ventiquattro ore. Una notte cruciale, dunque. Che potrebbe tracciare lo spartiacque tra la prima e la seconda fase della migrazione biblica dal Nord Africa.
Se però è vero che chi dà riceve, oggi gli isolani potrebbero raccogliere i frutti della loro generosità: il governatore siciliano Raffaele Lombardo ha invitato il sindaco di Lampedusa a partecipare alla riunione di stasera della Giunta regionale. All'esame ci sarà uno stanziamento di 400mila euro per compensare il caro gasolio che ha spinto i pescatori delle Pelagie a una specie di serrata che ormai si protrae da venti giorni. Miracoli di una ospitalità forzosa.?Il sindaco Bernardino de Rubeis, dopo le polemiche neppure velate dei primi giorni dell'emergenza, ora loda l'efficienza del Viminale e del ministro Maroni. Gli unici a storcere il naso sono gli albergatori, terrorizzati dalla concentrazione umana di potenziali migranti ai confini tra Libia e Tunisia. Il sindaco lo dice senza perifrasi: «Se Gheddafi resiste ancora due mesi, con l'inevitabile fuga di migliaia di libici, la stagione estiva di Lampedusa sarà definitivamente compromessa».
il sole 24 ore
22 2 2011
- Gheddafi in tv- Berlusconi medita se telefonare al colonnello
di Stefano Natoli
Sono oltre mille i morti a Tripoli durante i bombardamenti sulla folla di manifestanti scesi in piazza per protestare contro il regime di Muammar Gheddafi. A riferirlo è il presidente della Comunità del Mondo Arabo in Italia (Comai) Foad Aodi, che è in costante contatto, da Roma, con alcuni testimoni in Libia. «Manca l'energia elettrica e i medicinali negli ospedali», ha riferito ancora Aodi, che ha rivolto un appello al governo italiano affinchè si mobiliti «per un aiuto economico e con l'invio di medicinali in Libia. Il governo non rimanga in coma, sordo e cieco, alla rivoluzione che è in atto in queste ore».
Intanto il leader libico è apparso alla tv di stato, ripresa dall'emittente satellitare Al Arabiya, per smentire le voci circolate ieri che lo davano in fuga. «Vedrò i giovani in Piazza Verde. Per dimostrare che sono a Tripoli e non in Venezuela, e smentire le televisioni, questi cani», ha detto il colonnello, ripreso nella sua residenza di Bab Al Aziziya, a Tripoli.
Le immagini diffuse dall'emittente libica hanno mostrato Gheddafi, in cappotto, che sale su un'automobile, con un ombrello in mano per proteggersi dalla pioggia, davanti alla sua residenza-caserma di Bab Al Aziziya. Il ministro degli Esteri britannico, William Hague, aveva dichiarato ieri pomeriggio, a margine di un vertice a Bruxelles, che il colonnello era fuggito in Venezuela.
Napolitano: stop alle violenze, si ascolti il popolo ?Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sta seguendo con attenzione le drammatiche notizie provenienti dalla Libia. In una nota diffusa dal Quirinale, il Capo dello Stato sottolinea come alle legittime richieste di riforme e di maggiore democrazia che giungono dalla popolazione libica vada data una risposta nel quadro di un dialogo fra le differenti componenti della società civile e le autorità del Paese che miri a garantire il diritto di libera espressione della volontà popolare.
Frattini, rischio di guerra civile e di immigrazione verso la Ue di dimensioni epocali ?La situazione rimane estremamente preoccupante. Durante una conferenza stampa al Cairo seguita all'incontro con il segretario generale della Lega Araba Amr Mussa (durato circa 45 minuti) il ministro degli esteri Franco Frattini, ha parlato di «rischio di guerra civile» e di «un'immigrazione verso l'Unione Europea di dimensioni epocali». Mentre da fonti diplomatiche si apprende che in queste ore tra Farnesina e Palazzo Chigi si sta valutando l'ipotesi di una telefonata di Silvio Berlusconi al colonnello Muhammar Gheddafi, per tentare di aprire un dialogo con il regime libico e fermare la repressione di queste ore.
Rallentano le forniture di gas all'Italia, l'Eni svuota Greenstream ?La crisi libica sta intanto portando ad un progressivo stop delle forniture di gas. Secondo quanto riporta la Staffetta Quotidiana, giornale specializzato sui temi dell'energia, i flussi dalla Libia attraverso il gasdotto Greenstream avrebbero subito un rallentamento a partire da ieri sera e la situazione «è in peggioramento». Nei giorni scorsi di crescenti disordini i flussi sul Greenstream si erano mantenuti regolari e su livelli elevati, intorno ai 25 milioni di mc/giorno. «Il rallentamento di ieri sera potrebbe mostrarsi nei dati di Snam sulla giornata di ieri ancora in attesa di pubblicazione e probabilmente ancor più su quelli di oggi, che saranno pubblicati domani», spiega Staffetta. Nel 2010 la Libia ha fornito all'Italia 9,4 miliardi di mc di gas, pari a circa l'11% dei consumi nazionali. ?Seoondo quanto risulta a Quotidiano energia, l'Eni avrebbe deciso di svuotare progressivamente il gasdotto "Greenstream" «per metterlo in sicurezza». «Il blocco non compromette al momento la sicurezza energetica dell'italia, visto che siamo ormai verso la fine della stagione invernale e il livello degli stoccaggi é rassicurante» (alla data di ieri la giacenza ammontava a 3,8 miliardi mc). ?«Al momento non vediamo alcuna interruzione delle forniture provenienti dalla Libia. Monitoriamo attentamente la situazione. Abbiamo ricevuto comunicazioni dall'Eni che il gruppo non é in grado di assicurare l'intero flusso di gas». È quanto riferiscono dalla sede di Edison riferendosi al contratto con il gruppo Eni su 4 miliardi di metri cubi di gas provenienti dalla Libia tramite il gasdotto Greenstream che si aggancia alla Sicilia. Nel caso ci fossero interruzioni o riduzioni della fornitura di gas libico, il gruppo Edison é comunque in grado di approvvigionarsi di gas naturale grazie alla diversificazione dei contratti in essere sulle forniture. Il gruppo di Foro Buonaparte vanta infatti le forniture da paesi come il Qatar, l'Algeria, la Russia e la Norvegia.
Petrolio, «se necessario» Opec pronta ad intervenire ?Nel frattempo, il ministro del petrolio degli Emirati Arabi Uniti, ha detto oggi a Riad che l'Opec «è pronto, se necessario,ad intervenire per garantire approvvigionamenti sufficienti al mercato e contrastare i continui rialzi del prezzo del greggio scatenati dalla crisi». ?La crisi libica sta facendo volare i futures sui prezzi del petrolio. A Londra il contratto sul Brent con consegna ad aprile è arrivato a toccare i 108,57 dollari per poi moderare il rialzo e attestarsi a 107,93 dollari. A New York i futures sul Wti sempre con consegna ad aprile (i contratti per marzo, quotati a 94,26 dollari, sono in scadenza oggi) sono saliti a 98,15 dollari al barile. A preoccupare i mercati è il timore che la rivolta possa contagiare dopo la Libia anche altri Paesi del Medio Oriente.
Nel pomeriggio vertici dell'Onu e della Lega araba ?Per discutere della crisi in Libia, sono in programma oggi pomeriggio i vertici di Onu e Lega Araba. Il Consiglio di Sicurezza si riunirà in seduta di emergenza a porte chiuse alle 15 ora italiana : lo ha reso noto il segretario generale, Ban Ki-moon, a margine di una breve visita a Los Angeles. La riunione dell'organo decisionale dell'Onu è stata sollecitata dall'ambasciatore libico aggiunto presso il Palazzo di Vetro, Ibrahim Dabbashi, che al pari di molti altri diplomatici del Paese nord-africano ha preso le distanze dal regime di Muammar Gheddafi. Dabbashi ha anzi sollecitato Gheddafi a «lasciare il potere il prima possibile» e ha chiesto alla comunità internazionale che si attivi per impedire che il leader libico «si rifugi in un Paese terzo». Ban Ki-moon poco prima aveva avuto con lo stesso Gheddafi una conversazione di circa 40 minuti, nel corso della quale gli aveva intimato di porre fine alla durissima repressione delle proteste di piazza, da cui si era definito «oltraggiato» in prima persona. Anche la Lega Araba si riunirà nel pomeriggio al Cairo per esaminare la crisi in Libia.
Paesi Ue discutono su sanzioni, Italia e Malta contro ?I Paesi Ue stanno discutendo la possibilità di sanzioni contro il regime libico per la violenta repressione delle manifestazioni popolari, ma un accordo risulta difficile a causa dell'opposizione dell'Italia e di Malta. Lo hanno riferito all'agenzia Afp fonti diplomatiche. Il tema dovrebbe essere trattato nella riunione prevista in giornata tra i 27 ambasciatori dei Paesi Ue a Bruxelles, dopo che ieri é stata discussa dai ministri degli Esteri. Tra le opzioni, oltre alle misure abituali in questi frangenti quali la sospensione dei visti di ingresso e il congelamento dei beni, é esaminata anche la possibilità di sospendere le trattative avviate nel 2008 per concludere un accordo di partnership tra la Ue e Tripoli.
La Russa, pronto un C130 per il rimpatrio degli italiani ?Visti gli sviluppi, le nazioni che hanno connozionali in Libia stanno espletando le operazioni per il loro rimpatrio. Parlando con i giornalisti ad Abu Dhabi, dove si trova in visita ufficiale, il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ha detto che un aereo C130 dell'Aeronautica Militare «è pronto a partire dall'Italia per rimpatriare un centinaio di connazionali che si trovano a Bengasi». La Russa ha anche annunciato che a salpare per il Mediterraneo e a posizionarsi in acque internazionali di fronte alle coste libiche, non sarà la nave Elettra come annunciato ieri ma la Francesco Mimbelli, «per motivi logistici e tecnici». La nave «farà da piattaforma per il controllo aereo della parte sud del Mediterraneo», ha detto La Russa.?Già rimpatriati, invece, alcune centinaia di persone di altre nazionalità. Un aereo militare portoghese, arrivato ieri all'aeroporto di Tripoli, ha sgomberato nella notte 114 persone verso una base militare della Nato in Italia. Fra le persone trasferite, ci sono 80 portoghesi e 34 stranieri. Ieri l'ambasciatore portoghese a Tripoli, Rui Aleixo, aveva precisato che questi stranieri erano dipendenti di imprese portoghesi e delle Nazioni Unite. L'aereo C-130 dell'aviazione portoghese potrebbe effettuare una nuova tappa oggi. Le autorità non hanno però precisato se l'aereo si recherà, come inizialmente previsto, a Bengasi, seconda città della Libia che si trova mille chilometri di Tripoli, dove una cinquantina di portoghesi sono in attesa di sgombero. ?Anche la Russia, secondo quanto riferisce l'agenzia Itar-Tass, ha deciso di rimpatriare gli oltre 500 connazionali che si trovano in Libia. Nel pomeriggio è prevista la partenza di aerei della protezione civile per l'evacuazione
L'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani: «crimini contro l'umanità»?Continuano ad arrivare, intanto, prese di posizione contro le violenze dei militari. L'alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Navi Pillay, ha sollecitato l'apertura di una «inchiesta internazionale indipendente» sulle violenze in Libia e chiesto la «sospensione immediata delle gravi violazioni dei diritti umani commesse dalle autorità libiche». «La brutalità con cui le autorità libiche e i loro mercenari sparano pallottole reali contro i manifestanti pacifici è inammissibile», ha indicato Pillay in un comunicato. Gli attacchi "sistematici" commessi dalle autorità della Libia contro la popolazione civile, ha incalzato il commissario Onu, «potrebbero essere assimilati a crimini contro l'umanità». ?L'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) ha lanciato un appello all'Europa e ai Paesi del nord Africa vicini alla Libia a non respingere le persone in fuga dagli scontri. ?«L'Italia - ha detto la portavoce Melissa Fleming - è tra i Paesi che potrebbero ricevere un maggior flusso di persone in fuga dalla Libia», sia cittadini libici che rifugiati da altri Paesi.
Condanna dei massacri anche da parte di Iran e Hamas ?L'Iran ha parlato di "massacro di innocenti", chiedendo alla comunità internazionale di intervenire per interromperli. Il portavoce del ministero degli Esteri, Ramin Mehmanparast, ha dichiarato che «le violenze estreme utilizzate contro il popolo libico sono inaccettabili. Le notizie sui raid aerei compiuti contro dimostranti e quartieri residenziali e il massacro d' innocenti sono spiacevoli e sorprendenti, chiediamo alle organizzazioni internazionali di agire per fermarli». ?Una netta condanna dei massacri è arrivata anche dal movimento islamico Hamas, al potere nella striscia di Gaza: «Condanniamo con forza la repressione organizzata dal regime del colonnello Gheddafi contro il proprio popolo. ?Sempre a proposito dei massacri, l'ambasciatore libico in India, Ali Al Issawi, ha dato ieri le dimissioni per quelle che ha definito violenze «massicce» e «inaccettabili» contro i civili e ha detto che mercenari africani sostengono Gheddafi nella repressione e che le uccisioni di civili da parte di questi mercenari hanno spinto truppe regolari a passare con i rivoltosi.?Durante la notte, intanto, alcuni ufficiali libici hanno emesso un comunicato in cui invitano i soldati «ad unirsi al popolo» per aiutare a deporre il leader. La tv satellitare panaraba Al Jaziraha ha riferito che gli ufficiali hanno invitato l'esercito a marciare sulla capitale Tripoli.
il sole 24 ore
15 2 2011
di Mariolina Sesto
Il giorno dopo le promotrici non stanno nella pelle: le foto e le riprese delle piazze contano più dei numeri. Si parla di un milione di donne scese a manifestare domenica in 230 città italiane e in oltre 50 all'estero per la propria dignità al grido di «Se non ora quando?», ma al quartier generale delle organizzatrici già è scattata la fase due. L'adesso, come urlava domenica la piazza. L'adesso è la trasformazione del piccolo gruppo di avanguardia in un "comitato permanente" che studierà nuove iniziative, soprattutto in vista dell'8 marzo, Giornata mondiale della donna.
«È stato un grande successo politico» ammettono con orgoglio Francesca Izzo, Francesca e Cristina Comencini, Valeria Fedeli e le altre del nucleo fondatore. Ma guai a farsi trascinare nel gioco delle strumentalizzazioni da parte dei partiti. Uno dei pilastri che hanno sorretto la piazza, oltre alla civiltà e alla dignità è stata l'assenza di colore politico. E forti di questa carta d'identità, le donne di "Se non ora quando" hanno rinviato al mittente le accuse di faziosità arrivate dal premier e dal governo. «Mi è sembrato un pretesto per sostenere il teorema giudiziario che non ha nessun riscontro nella realtà: una mobilitazione di parte, faziosa, contro la mia persona da parte di una sinistra che cavalca qualsiasi mezzo per abbattermi – ha protestato Silvio Berlusconi –. Tutte le donne che hanno avuto modo di conoscermi sanno con quanta considerazione e rispetto io mi rapporto con loro». Indignata la replica di Francesca Izzo che ha sintetizzato il pensiero delle altre aderenti al comitato: questo è «un modo di "regalare" alla cosiddetta sinistra una mobilitazione popolare che invece ha visto assieme figure, personalità ma anche gente comune provenienti da ambienti, culture, esperienze profondamente diverse. Se questa articolazione Berlusconi la considera una mobilitazione faziosa, ciò è un prodotto dell'accecamento di un premier che non capisce più il Paese che sta governando». Solitaria nel Pdl la voce di Alessandra Mussolini che invita a riflettere su quanto accaduto domenica: «Guai a liquidare quella manifestazione come la sfilata di facinorosi o radical chic. In piazza, ne sono convinta, c'erano anche molti elettori di centrodestra: da loro è venuta un'indicazione che dobbiamo saper cogliere».
Le donne, comunque, sono già oltre le polemiche e guardano al prossimo passo: gli stati generali che porranno una nuova agenda al paese. «Riuniremo il maggior numero possibile di associazioni di donne – spiega la sindacalista Valeria Fedeli – per mettere nero su bianco proposte concrete che riflettano le richieste emerse domenica in piazza». Come la Fedeli Flavia Perina, direttrice del Secolo d'Italia e deputata Fli – anche lei nel comitato delle organizzatrici – è ancora incredula per il successo oltre ogni aspettativa: «In piazza si respirava un risveglio di cittadinanza una collettiva assunzione di responsabilità». «Quello che ci ha stupite – aggiunge Fedeli – è stata la presenza di donne, uomini, famiglie intere che di solito non frequentano le manifestazioni. Come se lo scendere in campo a difesa della dignità della donna abbia convinto che era l'ora di esserci». La stessa molla che ha fatto salire sul palco suor Eugenia Bonetti, una vita dedicata alle donne immigrate che finiscono vittime della tratta di esseri umani per sfruttamento lavorativo e sessuale. «Sono scesa in piazza per dare loro voce – dice soddisfatta al telefono – è l'ora di dire basta a questo indegno mercato del mondo femminile».
il sole 24 ore
15 2 2011
Lo spot di Ruby
Si apre il fronte giudiziario romano delle inchieste su presunti festini del presidente del Consiglio. La procura di Milano, infatti, ha inviato, per competenza territoriale, ai colleghi romani di piazzale Clodio, una serie di fascicoli di attività inquirente svolta nei confronti della corte di ragazze che ruota attorno al capo del Governo.
Il mirino investigativo è puntato, in particolare, sul castello di Tor Crescenza, situato alle porte della capitale, dove Silvio Berlusconi ha passato più volte, di recente, momenti di relax, tanto da essere considerata ormai la residenza romana alternativa a palazzo Grazioli. I fascicoli sarebbero stati trasmessi d'intesa tra il capo della procura di Milano, Edmondo Bruti Liberati, e il numero uno della procura di piazzale Clodio, Giovanni Ferrara. Anche se ieri in tarda serata Bruti ha escluso «contatti con la procura di Roma». Al momento non ci sarebbero ancora né fascicoli aperti né iscritti nel registro degli indagati.
Intanto sono le ore decisive al palazzo di giustizia di Milano. I fari sono puntati sul settimo piano, dove hanno sede gli uffici dei giudici per le indagini preliminari. È qui che il gip Cristina Di Censo sta ultimando la lettura degli atti sulla richiesta di rito immediato per il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, indagato per concussione e prostituzione minorile. La decisione potrebbe arrivare già oggi, anche se il termine dei cinque giorni per stabilire o meno l'evidenza della prova non è perentorio. E dunque Di Censo potrebbe anche decidere di esaminare con più calma le 782 pagine inviate dai procuratori aggiunti Ilda Boccassini e Pietro Forno, e dal sostituto procuratore Antonio Sangermano, prima di sciogliere la riserva.
Se il gip accoglierà le richieste della procura per entrambi i reati, il processo contro Berlusconi inizierebbe entro due mesi. Ma esistono anche altre possibilità. Il gip potrebbe non ravvisare l'esistenza di una connessione tra i reati: in questo caso il rito immediato potrebbe essere concesso soltanto per la concussione mentre per la prostituzione minorile si procederebbe con citazione diretta. Se invece Di Censo dicesse no al rito immediato per tutti i reati, la procura dovrebbe percorrere la strada del processo ordinario. C'è poi un'ulteriore ipotesi: il gip potrebbe ritenere competente il tribunale dei ministri.
Entro la fine della settimana i magistrati chiuderanno anche le indagini su Nicole Minetti, Emilio Fede e Lele Mora, chiedendone il rinvio a giudizio o l'archiviazione. Nell'inchiesta c'è anche una novità. Nei quattro interrogatori ai quali è stata sottoposta, Ruby-Karima El Mahroug ha fatto i nomi di tutti i personaggi che avrebbero partecipato alle feste di Arcore. Ma la procura ha deciso di "oscurarli" con gli omissis non essendo ancora riuscita a verificarne la veridicità.
il sole 24 ore
8 2 2011
Arriverà domani sul tavolo del Gip Cristina di Censo la richiesta della procura di Milano di processo con rito immediato per Silvio Berlusconi nell'ambito del cosiddetto Caso Ruby. La conferma arriva dal procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, che ha spiegato che i magistrati titolari dell'inchiesta stanno mettendo a punto il provvedimento proprio in queste ore. Proprio per questo, ha chiarito il procuratore capo di Milano, «oggi ci sarà una riunione conclusiva sugli aspetti procedurali». Un aspetto decisivo per il destino dell'inchiesta che vede il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, indagato per presunta concussione e prostituzione minorile
I magistrati che indagano sul cosiddetto Caso Ruby dovranno sciogliere l'ultimo nodo, quello relativo alla strategia procedurale da seguire: l'ipotesi più accrediata, secondo quanto si apprende in ambienti giudiziari milanesi, è quella di chiedere il giudizio immediato per il reato di concussione in relazione alla telefonata fatta da Berlusconi alla Questura di Milano lo scorso 27 maggio per far affidare l'allora minorenne Karima El Mahroug, conosciuta come Ruby, alla consigliera regionale del Pdl, Nicole Minetti, anch'essa iscritta nel registro degli indagati aperto dalla Procura di Milano per le ipotesi di induzione e favoreggiamento della prostituzione e della prostituzione minorile.
Per l'altro reato contestato al premier, quello di prostituzione minorile, si profilerebbe invece la citazione diretta in giudizio. Se così fosse, l'inchiesta si sdoppierebbe per poi riunirsi in fase dibattimentale. Tutti interrogativi e ipotesi che il pool di magistrati titolari dell'inchiesta (i procuratori aggiunti Pietro Forno e Ilda Boccassini insieme al pm, Antonio Sangermano) stanno valutando in queste ore, soppesando pro e contro di ogni mossa, per arrivare a una decisione definitiva entro stasera.